Dalla
terza persona alla prima persona il passo è breve. Ma stona. L’incipit è di
stampo curialesco-burocratico: “La sottoscritta Bianca Campli, premesso che…”.
Sembra di leggere un bando pubblico, un atto amministrativo emanato dal
prefetto o, non offenda l’accostamento, un decreto d’espulsione. Al di là del
contenuto, la moglie del Sindaco non comunica, rivolgendosi piuttosto alla
ristretta cerchia degli addetti ai lavori, quelli già addentro alla questione,
cronisti e politici (io non faccio parte né dell’una né dell’altra categoria, e
quindi immagini il lettore la fatica, per me, nello scorrere la concione
campliana), sparge fumo, non affronta il nocciolo della questione. Che è così riassumibile: la moglie del Sindaco può, per una
apodittica questione etica e di opportunità, dare il suo giudizio, anche se con
altri, nell’ambito di una attività culturale organizzata dal Comune? In
effetti, il caso chiama in causa, più che la moglie, il consorte, il primo
cittadino, il quale, sembra, ha difficoltà a capire che l’alternativa non è tra
la donna casalinga e la donna che si afferma al di fuori delle mura domestiche,
ma tra la percezione o meno di un disvalore, nella consapevolezza, che dovrebbe
essere la regola, il canone, che il pubblico amministratore deve non solo
essere onesto, ma anche apparirlo. A Bianca Campli consiglio, per l’avvenire,
una cosa semplice semplice: si astenga. E poi, se avessi occasione di vederla a
tu per tu, di evitare il transito, disdicevole da un punto di vista
linguistico, dalla terza persona alla prima.
Giacinto
Zappacosta
In ogni caso si dimostra che la ignora Lapenna non è una scrittrice.
RispondiEliminaCaro Paolo, ripeto: quante donne non hanno santi in paradiso e non possono permettersi il lusso di scrivere e di partecipare alla giurie!
RispondiEliminaComunque la signora Lapenna non sa scrivere.
RispondiEliminaIn ogni caso, caro Paolo, non sa scrivere comunicati stampa. E' stata aiutata secondo te?
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