giovedì 27 gennaio 2011

IL MASSACRO DEL SUD

Prestito forzoso (senza restituzione)

La incredibile storia delle sottrazioni di capitali e di preziosi dagli uffici pubblici, dai monti di pietà e dalle banche dell’ex Regno delle Due Sicilie da parte di Garibaldi & C viene quasi assorbita da questa vicenda della cambiale non pagata che, però, a paragone con l’immane furto di quasi tutto l’erario pubblico, quantitativamente è nullità.
Nello specifico della vicenda, uno dei figli di Garibaldi, un certo Menotti Garibaldi, aprì un mutuo presso il Banco di Napoli per una valore di “duecentomila lire”, pari a 800 mila euro di adesso, per acquistare una tenuta in località “Carano”, nei pressi dell’attuale Aprilia (LT). Per fare ottenere il prestito al figlio, nullatenente e scapestrato, Giuseppe Garibaldi dichiarò di suo pugno con una lettera del 2 settembre 1874: “Colla presente dichiaro garantire il rimborso della somma di lire 200/mila che il Banco accorda a mio figlio Menotti secondo le norme dell’Istituto. E questa mia garanzia, servirà sino a totale estinzione del debito suddetto”.
Passati oltre tre anni dall’erogazione e non assolvendo alla restituzione, la direzione si rivolse all’illustre genitore che, incalzato ripetutamente finalmente rispose: “Ma che volete voi? Io vi ho liberati e sono stato anche dittatore e voi pretendete che io restituisca anche un prestito?”
Non potendo provvedere al periodico bilancio aziendale per il “buco” di insolvenza causato da Garibaldi, il Banco di Napoli interessò il Senatore del Regno d’Italia Salemi che scrisse una severa lettera al “Generale” che a sua volta rispose: “Illustre Senatore, la pregiata vostra del 14, l’invio a mio figlio Menotti, che spero farà onore alla mia firma. In ogni modo io sono sempre responsabile verso il Banco di Napoli della somma prestata a mio figlio”.
Passati dieci anni, il Banco di Napoli decise di procedere ad una esecuzione per il recupero forzato della somma dovuta, più gli interessi, rivalendosi sulle proprietà, Caprera compresa. A quel punto, finalmente, Menotti Garibaldi il 7 luglio 1883 scrisse al direttore della banca, ma lo fece su carta intestata della Camera dei Deputati, informando che il Governo aveva deciso di “condonare” la somma dovuta, senza però citare numero, verbale e firmatari della decisione.
Qualcuno parla di “truffa” e di “falso in atto pubblico e/o millantato credito finalizzato all’appropriazione indebita”, sta di fatto che la somma non fu mai restituita ed il Banco di Napoli, nella recente mostra del suo archivio, ha “elegantemente” censurato l’interessante carteggio di questa più che vergognosa vicenda da noi, però, già da tempo conosciuto e posseduto in copia.

da Rete informativa Due Sicile

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