venerdì 25 novembre 2011

ORRORE TRA I MERLI

Il ricordo di quei fatti mette ancora i brividi

Accadde tutto all’improvviso, quando nulla lasciava presagire che sul castello, e su quanti lo abitavano, stava per abbattersi la catastrofe, la maledizione di cui non si seppe mai l’origine.
Il maschio, col suo insieme di casupole arroccate sui fianchi del monte, innevato per la maggior parte dell’anno, era il rifugio sicuro per quanti, contadini e artigiani, lavoravano per re Edvino. La vita, dentro le alte e solide mura, orlate di merli sempre presidiati dai soldati, si svolgeva serena: i magazzini riempiti col raccolto estivo garantivano a tutti di superare l’inverno. Nel peggiore dei casi, durante la cattiva stagione, si poteva far ricorso ai frutti del bosco, che sorgeva a qualche passo oltre il ponte levatoio e il fossato, o anche cacciare gli animali in cerca di cibo, se solo si aveva la vigoria, che non mancava, di affrontare la neve (si affondava fino al ginocchio) e il freddo.
Ma gli abitanti del castello erano poco inclini a mettere il naso al di là delle mura. No, non era per il gelo, non era per il manto bianco che copriva ogni cosa. In realtà, nessuno amava parlarne, ma anche i soldati ne erano atterriti: quel cigolio del ponte levatoio, o una cosa simile…
Metteva i brividi, da sempre. Era un rumore particolare, un misto fra un ululato di un lupo e il pianto di un vecchio. Le catene che accompagnavano i movimenti della pesante impalcatura, così come gli ingranaggi, erano perfettamente funzionanti. Eppure, quel cigolio, sinistro, orribile, spaventava anche gli animali da cortile che popolavano le aie ricavate sotto i portici. E poi, la notte… quella notte, soprattutto, quando, nel bel mezzo di una tempesta, il ponte venne abbassato per l’ingresso di Aginulfo, zio del re. Il rumore, sempre uguale, quella volta sembrava alludere ad una punizione imminente, sembrava volesse indicare che il male stava per impossessarsi del castello.
Portava grandi notizie Aginulfo: il re del territorio vicino, al di là del monte, aveva accettato di dare in moglie la propria figlia a re Edvino. Il quale doveva essere contento all’annuncio. Ma non poteva, non riusciva. Quel ponte levatoio, l’ululato, il pianto … tutto sembra dire “fermati ora che sei in tempo”. Edvino andò a dormire: all’indomani avrebbe cominciato ad organizzare la cerimonia di nozze.
Arrivò quel giorno, dunque, e la dama, accompagnata dal padre, re del territorio vicino, e dal seguito, giunse al castello. Edvino la sposò, ma non gioì. Fu un attimo: un’orrenda cornacchia, nera come la pece, con gli occhi infiammati e grondanti sangue, entrata da chissà dove, attraversò tutta la sala, volando ad altezza d’uomo. Andò a posarsi sulla testa di un atterrito Edvino; un istante dopo, la sposa, quasi che non stesse aspettando altro, squarciò con la sola forza delle mani il petto del marito e ne divorò il cuore. Fuggirono tutti, attraversando il ponte levatoio che qualcuno aveva frettolosamente abbassato: nessuno notò se anche quella volta, l’ultima volta, quella porta aperta sul mondo circostante emise i suoi gemiti.
Nessuno tornò più al castello. I suoi abitanti vagarono per generazioni nella campagna circostante, sempre più lontano, alla ricerca disperata di cibo, come animali errabondi. Qualcuno, su improvvisate zattere, si inoltrò nelle nebbie perenni che nascondevano un mare sconosciuto.
C’è chi racconta di aver visto, in lontananza, il castello di Edvino, mezzo diroccato, ardere di un fuoco inestinguibile, eterno. I racconti di quei fatti, sempre più confusi, angosciano ancora, a distanza di tanto tempo.

(riproduzione vietata)



2 commenti:

  1. Mi viene alla mente un testo di Aprile, che riportò in me alcuni racconti ascoltati moltissimi anni addietro; nello stesso tempo, ora, mi sto incamminando nel viaggio di Arminio, ma sono solo all'inizio ed ancora non so cosa riserva il viaggio nel suo intero.
    L'unica cosa che, a caldo tra questi testi ed il post appena letto, mi viene da dire è che i miei pensieri stanno giocando a pingpong nella mia mente e tutto diventa come quelle cartoline di una volta che cambiavano la loro immagine in base a come le si spostavano.
    Mi sembra di vedere le stesse cose sia di un tempo passato che del tempo presente sotto diversi aspetti, ma ancora non riesco a mettere bene a fuoco e posizionare quella cartolina in modo definitivo, la stessa, però, non è stata fatta per essere guardata in un unico modo.
    Vorrei poter avere delle idee ferme ma non ci riesco, e non credo ci riuscirò tanto facilmente.

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