giovedì 16 febbraio 2012

2. CHI TEME UN PD VASTESE UNITO E FORTE?

Quindici giorni addietro abbiamo raccontato come si è svolto il Congresso Organizzativo del Partito Democratico a Vasto nell’ormai remoto 4 gennaio scorso. Ad oggi nessuno ha inteso porre rimedio a quelle vistose anomalie, meno che mai la Commissione Provinciale di Garanzia interessata immediatamente. Oggi apprendiamo che la stessa Commissione è stata investita dai vertici provinciali e regionali del Partito perché risolva, a colpi di espulsioni, l’assurda situazione del PD a San Salvo con il partito diviso in più tronconi (quale“troncone” è quello legittimo?). E chissà quante e quali situazioni di forte laceramento del Partito altre Commissioni di Garanzia in Abruzzo e in tutta Italia hanno da affrontare. I guai maggiori cominciano quando quelle lacerazioni producono situazioni al limite del ridicolo: può l’iscritto ad un partito rimanere indifferente se ad un mese e mezzo dal Congresso organizzativo non conosce neppure i nomi del direttivo e non ha notizia neppure dell’insediamento del nuovo segretario? Ci sono voluti sette lunghi mesi per la scelta del Segretario, quanti mesi occorreranno per conoscere il direttivo? In una società in cui tutto accade velocemente non è evidente l’inadeguatezza dei tempi della politica? Il tempo è o non è “Qualità”?
E’ bene ricordare, a questo punto, che il Partito Democratico è stato voluto, fortemente, più dal suo corpo elettorale che dai suoi Dirigenti! Un Partito nato dall’incontro di più esperienze politiche che si sono scoperte ad inseguire gli stessi ideali di rinnovamento di tutte le categorie della politica: dallo sviluppo economico allo stato sociale, dalla scuola alla sanità, ai servizi, dalla necessità di una maggiore integrazione europea al convinto sostegno alla moneta unica. Chi proveniva da un’esperienza laico socialista si è trovato a lavorare senza alcun imbarazzo a fianco di chi si era formato all’interno di una esperienza politica cristiano- sociale, si poteva percorrere una strada comune visto che comuni erano gli ideali di riforma. L’elettorato, che ha voluto il PD, è ancora unito e convinto, malgrado tutto, della scelta fatta, pertanto le attuali lacerazioni sono ascrivibili in massima parte a divisioni verticistiche che nulla hanno a che fare con i motivi ispiratori del Partito.
Oggi, come dire, restano immutate le ragioni ideali, culturali, politiche alla base della nascita del Partito Democratico, ma esse si scontrano con l’inadeguatezza degli strumenti, i selvaggi appetiti individuali, il carrierismo sfrenato, la scarsa capacità del partito di essere in sintonia con il proprio elettorato (a Genova il PD non ha perso solo perché diviso, ma per aver presentato due figure logore, agli occhi degli elettori, che appartenevano all’apparato partitico ed hanno scelto un soggetto ritenuto poco compromesso con le segreterie politiche). Ma visto che “se Sparta piange, Atene non ride” (è così purtroppo per tutti i partiti) era inevitabile che aumentasse non solo il disamore per la politica, ma anche il semplice rispetto per essa. La chiamano “antipolitica”, ma l’unica arma “politica” di cui dispone il cittadino per condannare la “mala politica” è il disprezzo (Beppe Grillo), oppure, come sta accadendo in questi giorni, una forte simpatia per un colto e distinto Professore Universitario che si ritrova, per un incidente della storia, a ricoprire il ruolo di Capo del Governo e per comportamento, linguaggio, stile pubblico appare l’antitesi del politico italiano che siamo abituati a conoscere.
Per tornare alla nostra realtà: quale “incidente storico” deve accadere a Vasto perché non monti oltre misura l’antipolitica e la disaffezione dell’elettorato non arrivi ad un punto di non ritorno?

Nicolangelo D'Adamo

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