“Molto lontano dalla terra d’Italia io giaccio e da Taranto
mia patria”
L’approccio con le persone è
sempre facile, immediato, senza sovrastrutture mentali o pregiudizi etnici.
Sarà che l’immenso porto (tutta la città, adagiata tra il Mar Grande e il Mar
Piccolo, è un immenso approdo) li ha abituati a rapporti con gente che va e che
viene, sta di fatto che i Tarantini sono sempre disponibili, anche con i Vastesi, il che è
tutto dire. Un piccolo episodio di tanto tempo fa, quando ero giovane (anche io
lo sono stato). La Fiat 126 bis, appena comprata a Milano, mi lasciò in mezzo
della campagna, di notte, un bel pezzo prima del ponte di Punta Penna, mentre
tornavo con moglie e figlio piccolo nella casa dove alloggiavo durante le
vacanze estive. Panico. Dissi alla mia consorte: “mettiamo il bambino sul
passeggino e avviamoci a piedi”. Ci guidavano le luci della città di Taranto,
molto, molto lontane. Fatti pochi passi, si fermò un autobus del servizio
pubblico che stava tornando al deposito: “siamo salvi” dissi. L’autista,
arrivati nell’autorimessa, senza dirmi nulla e senza sapere nemmeno come mi
chiamavo, andò a prendere la sua auto personale, tirò il freno a mano lasciando
il motore acceso e mi fece: “prendetela e domani me la riportate”. Strano, vero?
In questo mondo di schifo, dove tutti ci giriamo dall’altra parte per non
vedere chi ha bisogno, non è un fatto miracoloso? Per la cronaca, rinunciammo a
questa cortesia perché trovammo un’altra soluzione, ma l’auto del mio
sconosciuto benefattore era lì, a mia disposizione.
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