domenica 10 giugno 2012

Il primo Levi’s l’ho comprato da “Carluccio”





Quando i “bluggins” diventarono un capo d’abbigliamento “ricercato” non si potevano più comprare al mercato o nei negozi “comuni”. Bisognava scegliere la “marca” e il negozio che ne aveva l’esclusiva. A Vasto di negozi “rinomati” ce n’erano tanti e acquirenti venivano da tutti i centri del “circondario” a fare spese.

Conservo ancora un giubbino di “renna” comprato a Marta Ferrari (piazza Caprioli), un pantalone a zampa in “pelle” comprato a De Santis (corso Nuova Italia) e un paio di stivaletti di “vacchetta” comprato a Marino (piazza Diomede), tutto rigorosamente anni Settanta. Li donerò al Museo del Costume quando questo si “allargherà” a quegli anni.

Non criticatemi, allora anche gli Hippie* usavano capi in pelle. Si commettono errori di gioventù. Poi ci si può redimere ed io sono un redento.

In questi giorni, rovistando tra i miei “cenci”, ho ritrovato una busta (forse dovrei definirla shop bag) di Carlo Melle. Il numero telefonico 27 37, induce a ricordare l’anno lontano a cui risale.
Rivedendo questo oggetto, mi sono ricordato che il mio primo paio di Levi’s l’ho comprato da “Carluccio”.

Carlo Melle, per i Vastaroli Carluccio, aveva il negozio proprio sotto l’arco di Porta Nuova. Ricordo che accompagnavo mia madre a comprare le camice con gli “stecchini” o altri capi d’abbigliamento. In quel negozio, sentivo usare con competenza termini, per me nuovi, come jersey, terital, oppure tweed, pied poule o nomi di ditte come Facis, Tescosa ecc.
Uscivo arricchito da quelle parole.
Qualche anno dopo, Carluccio si trasferì in piazza Diomede. Corso Palizzi e Porta Nuova avevano da tempo perso il ruolo di zona commerciale della città. Era crisi per i negozianti di quella zona. Anche “Cesarino” si era trasferito. In “piazza” aprivano negozi importanti per l’epoca come Monti (corso Nuova Italia) o grandi magazzini come la Gamma (via Tobruk) e bisognava adeguarsi, lottare contro la concorrenza. E poi l’automobile cominciava ad essere usata con costanza, quindi si cominciava ad andare a Pescara o a Chieti a fare spese importanti, perché c’era una “diversa” scelta.

Oggi si parla di crisi del commercio per l’intera Vasto. Avere il negozio in “piazza” non basta più. Anzi per certi versi è un handicap. Non si usa più passeggiare sul corso, le vasche sono un antico ricordo, e molto “pubblico” preferisce recarsi in luoghi dove può comodamente arrivare con l’automobile. Con questa si possono raggiungere i grandi centri commerciali, che sono dappertutto tranne che nella nostra Città, e praticare il “girotondo” al coperto, in ambiente con l’aria condizionata, incontrando gente e magari trovando offerte vantaggiose.
Aggiungerei che con l’eliminazione di scuole ed uffici dal centro per molti cittadini non c’è più alcun motivo per recarsi in questo luogo, se non per qualche matrimonio o qualche funerale.

Ho letto che i commercianti del centro sono rimasti soddisfatti dall’apertura straordinaria del 2 giugno. Ho però ascoltato anche commesse e titolari di alcuni negozi che sulla spiaggia, domenica 3, dicevano: “che mi sono perso ieri! Era meglio se non aprivo e venivo al mare”.

Non so a chi credere. Sarei contento se i commercianti fossero davvero soddisfatti, tuttavia vorrei dare un suggerimento: fare pubblicità in tutti in centri del “circondario”, come si fa per “certe” manifestazioni. Invogliare i forestieri a venire a Vasto oltre che trattenere i vastesi. Poi con la competenza e la qualità, come Carluccio, superare la crisi.
Lo so, è un grande “sforzo” ma penso ne valga la pena.


* Qualcuno mi dirà che gli Hippie erano degli anni Sessanta. Lo so, ma da noi quella “moda” arrivò più tardi. Dico quella “moda” perché quello “stile di vita” dubito sia mai arrivato.

F.P. D'Adamo

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