Quando i “bluggins” diventarono
un capo d’abbigliamento “ricercato” non si potevano più comprare al mercato o
nei negozi “comuni”. Bisognava scegliere la “marca” e il negozio che ne aveva
l’esclusiva. A Vasto di negozi “rinomati” ce n’erano tanti e acquirenti venivano
da tutti i centri del “circondario” a fare spese.
Conservo ancora un giubbino di
“renna” comprato a Marta Ferrari (piazza Caprioli), un pantalone a zampa in
“pelle” comprato a De Santis (corso Nuova Italia) e un paio di stivaletti di
“vacchetta” comprato a Marino (piazza Diomede), tutto rigorosamente anni
Settanta. Li donerò al Museo del Costume quando questo si “allargherà” a quegli
anni.
Non criticatemi, allora anche gli
Hippie* usavano capi in pelle. Si commettono errori di gioventù. Poi ci si può
redimere ed io sono un redento.
In questi giorni, rovistando tra
i miei “cenci”, ho ritrovato una busta (forse dovrei definirla shop bag) di
Carlo Melle. Il numero telefonico 27 37, induce a ricordare l’anno lontano a
cui risale.
Rivedendo questo oggetto, mi sono
ricordato che il mio primo paio di Levi’s l’ho comprato da “Carluccio”.
Carlo Melle, per i Vastaroli
Carluccio, aveva il negozio proprio sotto l’arco di Porta Nuova. Ricordo che
accompagnavo mia madre a comprare le camice con gli “stecchini” o altri capi
d’abbigliamento. In quel negozio, sentivo usare con competenza termini, per me
nuovi, come jersey, terital, oppure tweed, pied poule o nomi di ditte come
Facis, Tescosa ecc.
Uscivo arricchito da quelle
parole.
Qualche anno dopo, Carluccio si
trasferì in piazza Diomede. Corso Palizzi e Porta Nuova avevano da tempo perso
il ruolo di zona commerciale della città. Era crisi per i negozianti di quella
zona. Anche “Cesarino” si era trasferito. In “piazza” aprivano negozi
importanti per l’epoca come Monti (corso Nuova Italia) o grandi magazzini come la Gamma (via Tobruk) e
bisognava adeguarsi, lottare contro la concorrenza. E poi l’automobile
cominciava ad essere usata con costanza, quindi si cominciava ad andare a
Pescara o a Chieti a fare spese importanti, perché c’era una “diversa” scelta.
Oggi si parla di crisi del
commercio per l’intera Vasto. Avere il negozio in “piazza” non basta più. Anzi
per certi versi è un handicap. Non si usa più passeggiare sul corso, le vasche
sono un antico ricordo, e molto “pubblico” preferisce recarsi in luoghi dove
può comodamente arrivare con l’automobile. Con questa si possono raggiungere i
grandi centri commerciali, che sono dappertutto tranne che nella nostra Città,
e praticare il “girotondo” al coperto, in ambiente con l’aria condizionata,
incontrando gente e magari trovando offerte vantaggiose.
Aggiungerei che con
l’eliminazione di scuole ed uffici dal centro per molti cittadini non c’è più
alcun motivo per recarsi in questo luogo, se non per qualche matrimonio o
qualche funerale.
Ho letto che i commercianti del
centro sono rimasti soddisfatti dall’apertura straordinaria del 2 giugno. Ho
però ascoltato anche commesse e titolari di alcuni negozi che sulla spiaggia,
domenica 3, dicevano: “che mi sono perso ieri! Era meglio se non aprivo e
venivo al mare”.
Non so a chi credere. Sarei
contento se i commercianti fossero davvero soddisfatti, tuttavia vorrei dare un
suggerimento: fare pubblicità in tutti in centri del “circondario”, come si fa
per “certe” manifestazioni. Invogliare i forestieri a venire a Vasto oltre che trattenere
i vastesi. Poi con la competenza e la qualità, come Carluccio, superare la
crisi.
Lo so, è un grande “sforzo” ma
penso ne valga la pena.
* Qualcuno mi dirà che gli Hippie
erano degli anni Sessanta. Lo so, ma da noi quella “moda” arrivò più tardi.
Dico quella “moda” perché quello “stile di vita” dubito sia mai arrivato.
F.P. D'Adamo
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