Non ho registrato una violenta
reazione morale e civile alla volgare esternazione del “signor” Andrea De Martino, temporaneamente prefetto
di Napoli, nei confronti del sacerdote Maurizio Praticiello, reo di aver
appellato un “Prefetto della Repubblica Italiana” con il semplice titolo di
“signore”. Eppure, se ci si riflette, l’episodio è talmente emblematico del
degrado morale e civile italiano da poterlo portare ad esempio in ogni discussione,
lezione, approfondimento di quel tema.
La smisurata arroganza del
prefetto De Martino più che i signorotti di manzoniana memoria, mi ha ricordato una
stupenda pagina di Ignazio Silone: “In capo a tutti c’è Dio, padrone del cielo.
Questo ognuno lo sa. Poi viene il Principe Torlonia, padrone della terra. Poi
vengono le guardie del Principe, poi vengono i cani delle guardie del Principe,
poi nulla, poi ancora nulla, poi ancora nulla, poi vengono i cafoni”
(Fontamara).
Era a tal punto alterato De
Martino per l’offesa ricevuta che non controllava più neppure la sintassi e riesce
a scivolare persino su un se con il
condizionale (“se io mi rivolgerei a lei…”). Si placa per un attimo e poi
ricomincia ad inveire contro l’incredulo prete che impiega un po’ di tempo per
capire cosa ha combinato di tanto grave, cosa gli si rimprovera. Ma ormai il
prefetto era un fiume in piena e
straripa cominciando addirittura a difendere il “prestigio delle Istituzioni”,
offese dall’incauto prete di campagna: appunto il “cafone” siloniano di fronte
al signore, in questo caso non della
terra, ma delle “Istituzioni”.
In un Paese che si vuole
Occidentale, Democratico e Civile quel Prefetto andrebbe rimosso con ignominia
per aver arrecato disdoro ad una Istituzione della Repubblica. Voi pensate che
il ministro Cancellieri revocherà quella
nomina? Io credo di no.
NICOLANGELO D’ADAMO
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