Alla fine del Settecento fu
bonificato l’acquitrino che si estendeva alla foce del Sinello, dove erano
ancora visibili alcune vasche medievali utilizzate per le saline di proprietà
del monastero di S. Giovanni in Venere.
Ma soprattutto l’Ottocento fu
il secolo delle bonifiche che ebbero come conseguenza oltre all’ampliamento del
terreno coltivabile anche un deciso ridimensionamento della malaria, molto
diffusa nelle aree adiacenti le grandi paludi.
Oltre al Fucino furono
drenati molti ambienti umidi localizzati nelle pianure alluvionali e lungo la
costa. spesso facendo ricorso a pesanti
interventi di regimazione delle acque. In Abruzzo solo il Trigno ormai ricorda
la morfologia originaria dei cosi d’acqua. Nei suoi ampi greti nidificano ancora molte specie di allodole e
vi crescono, caso unico in Abruzzo, le “canne
di Ravenna” che di solito hanno il loro habitat a ridosso delle dune, mentre
nel Trigno si trovano fino a qualche decina di Km all’interno. Ancora oggi nelle zone retrodunali o in
prossimità delle foci dei fiumi vengono rinvenuti biotipi caratteristici che
testimoniano ecosistemi salmastri oggi scomparsi proprio a seguito delle
bonifiche ottocentesche.
E’ il caso dell’area
adiacente la foce del torrente “Buonanotte” (oggi protetta), tra Vasto e San
Salvo, dove era presente, soprattutto in inverno, un acquitrino salmastro
formato dal torrente.
Tra questi stagni malarici,
per lo più temporanei, va ricordato quello ben più grande, una vera palude,
alla foce del Lebba bonificata nella
prima metà dell’Ottocento, come riferisce il Marchesani. “…mancando di alveo il
fiumicello (Lebba), le sue acque spandevansi nel piatto fondo della vallicella,
unita alle altre che di qua sorgevano (……),formavano palude ricchissima di
cacciagione, ma oltremodo infesta alla umana salute, pel miasma produttore di
febbri periodiche. Nel 1835 Giuseppantonio Rulli, oggi sindaco di Vasto,
incamminò queste acque tra due lunghi ciglioni di terreno, per lo che molto del
lagume si è diseccato , il suolo alla coltivazione invertito ed un giovamento
alla salute di quei villici apportato”.
I grandi stagni dell’
adiacente area di Vignola furono, invece, bonificati nei primi anni del
Novecento. Sempre nel Novecento, dopo la “Legge sulla Bonifica Integrale del
1928”, furono bonificati i terreni alla foce del Trigno e, attraverso lo scavo
di ampi canali di drenaggio, tutta l’area retrodunale oggi conosciuta come “Le
Marinelle”.
NICOLANGELO D’ADAMO
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