Stravolge l’ordinato moto dell’acque, 
se mai vi fu,
il temibile simun
palesando alla mente la Melusina
che s’affanna in eterno, senza requie,
tra sembianze di donna e di serpe.
Lucore di luna
divina i picei merli,
mentre il mare, fattosi forra, 
estrema meta di tolde in fuga,
reclama a sé quell’ultima plaga
ove Satyria, in voluttuoso amplesso,
 incontrò il dio
straniero.
Querulo delfino vaga ancora
nel gemito  senza
fine.
Ma non sa.
Giacinto Zappacosta
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