Labile quella
querimonia affidata ad internet. Il diretto interessato, vale a dire il
gestore, nega l’ostracismo, che però intanto c’è stato, ostracismo venuto meno
per operosa resipiscenza, peraltro sollecitata dall’escluso. I fatti sono noti
e ben documentati, con tanto di numero di protocollo, quello del Comune di
Vasto, che, sia detto a beneficio dei cabalisti, è il 3557, e con una lapidaria
risposta in automatico recante “ti è stato impedito di seguire questo account
su richiesta dell’utente”.
Massimo Desiati,
dunque, consigliere comunale di opposizione, protesta la sua esclusione per
l’accesso negato, tramite twitter, al dialogo col Comune di Vasto, quel dialogo
propagandato, a cura dell’amministrazione attiva, quale momento topico nel
rapporto coi cittadini. La colpa del capogruppo di Progetto per Vasto? Nessuna,
è ovvio. Balza però agli occhi, anche di un osservatore disattento, una
semplice sequela di atti. E cioè: Desiati, ventiquattro ore prima, aveva
rivolto, proprio tramite twitter, una domandina facile facile inerente gli
esercizi pubblici (“A quando il
Regolamento per i Dehors degli esercizi pubblici di somministrazione?”).
Che l’amministrazione comunale si sia adombrata ed abbia di conseguenza inibito
l’accesso all’account? Non può essere, ma viene da pensare male. Un fatto è
certo, e pesa con tutta la sua incomprensibilità, in ordine ad un arbitrario
ostracismo informatico, un piccolo atto di stizzita prepotenza.
A condire il racconto dei fatti occorre la
posizione professionale del portavoce del sindaco, gestore dell’account del
Comune, sorpreso dallo stesso Desiati, per averne fatto formale richiesta, a
svolgere le proprie mansioni al di fuori di un contratto, che al momento non
esiste. L’imbarazzo, che aumenterebbe se la cosa venisse a conoscenza
dell’Ispettorato del lavoro, è in quella risposta, protocollata col numero
3557, con la quale il funzionario comunale ammette l’irregolarità della
posizione lavorativa.
Una storia minore, se
vogliamo, epifenomeno di un vezzo paesano, sintesi di incapacità, faciloneria e
dabbenaggine. Manca, in ultima analisi, la cultura della legalità, che è
quell’insieme di qualità tetragono ai facili aggiustamenti. Per dirla
altrimenti: quando nell’animo albergano certi sentimenti, difficilmente sei
portato a fare cazzate. Come nel caso di Vasto Film Festival, dove campeggia la
figura della consorte del primo cittadino. Il cui apoftegma (“si vede che la
moglie del sindaco deve fare la casalinga”) indica un limite valoriale, una
mancata percezione del disvalore. Se Lapenna non capisce che il pubblico
amministratore deve non solo essere onesto, ma anche apparirlo, non posso
farglielo capire io. Di più, viene fuori una sinistra imborghesita, appiattita
su quei mali della politica che dice di combattere, del tutto lontana dalla
matrice popolare che rivendica. Una sinistra che pasteggia, metaforicamente
parlando, a base di ostriche e spumante.
Giacinto
Zappacosta
Nessun commento:
Posta un commento