E’ stato firmato, con la
malcelata connivenza dei partiti che sostengono il Governo nazionale, il
decreto che dà il via libera all’utilizzo del giacimento italiano di petrolio “Ombrina
Mare”, in Adriatico, al largo della costa abruzzese. Rimane da sperare che ulteriori ricorsi giurisdizionali amministrativi
riescano a fermare il danno che la politica governativa, nonostante le
dichiarazioni di facciata, sta producendo; in caso contrario, vengano
riconosciute le royalties ai Comuni per abbattere le imposte locali a carico di
famiglie ed aziende!
Sembra
proprio che a nulla siano serviti manifestazioni di popolo, ricorsi,
interrogazioni ed ordini del giorno, alla cui approvazione hanno concorso tutte
le forze politiche e movimenti civici locali, tra cui i Consiglieri comunali di
“Vastoduemilasedici”, i quali
continueranno a sostenere, in ogni caso e qualunque dovesse essere il loro
ruolo, le ragioni del no alla petrolizzazione delle nostre coste.
Le
piattaforme che, da tempo, estraggono greggio e metano dal mare Adriatico sono
più di cento e la compagnia petrolifera londinese
Rockhoper, già Medoil, ha chiesto di utilizzare il giacimento Ombrina dietro il
pagamento di royalties allo Stato e alla Regione Abruzzo in misura pari alle
quantità estratte.
In base alla legge italiana, tutte le risorse del
sottosuolo sono di proprietà dello Stato, il petrolio appartiene, quindi, a tutti gli Italiani e le
royalties rappresentano il pagamento di un corrispettivo allo Stato per poter
sfruttare un dato bene ai fini commerciali; esse sono quindi la remunerazione
di diritti ceduti a terzi. In Italia, le royalties per le produzioni a terra
sono attualmente del 10%, mentre per produzioni a mare sono del 7% per il gas e
del 4% per il petrolio, e sono applicate sul valore di vendita delle quantità
prodotte.
Le royalties per le produzioni di idrocarburi in
terraferma sono ripartite per il 55% alle Regioni, il 30% allo Stato e il 15%
ai Comuni (alcune eccezioni di maggior favore vengono fatte per la Regione
Basilicata, la quale incamera anche la quota destinata allo Stato). Per le
estrazioni a mare (offshore), invece, la suddivisione è per il 45% allo
Stato e per il 55% alla Regione adiacente per le produzioni ottenute entro la
fascia delle 12 miglia (mare territoriale), mentre oltre tale limite le
royalties sono interamente dello Stato.
La paventata ineluttabilità di una realtà che va
costantemente combattuta in ogni luogo istituzionale ma che, nonostante la
forte e giusta contrarietà della popolazione, a breve, potrà veder comparire
altre piattaforme nel mare prospiciente la costa abruzzese e quella vastese
impone importanti riflessioni e, a nostro avviso, doverosi interventi di natura
politica affinché, nel momento in cui si dovessero subire definitive e nefaste
decisioni, vengano modificati i criteri di ripartizione delle royalties, oggi appannaggio dei soli Stato e Regione Abruzzo. La royalty, a maggior ragione nel
caso specifico delle estrazioni petrolifere, oltre a rappresentare una somma di
denaro legata allo sfruttamento, a fini commerciali e di lucro, di beni
considerabili pubblici, rappresenta un elemento di ristoro economico preventivo
per quelle zone che, dall’attività così esercitata da privati, subiscono, anche
solo potenzialmente e senza voler entrare, quindi, in pur legittime considerazioni
legate alla sicurezza degli impianti, un danno della propria immagine
ambientale, soprattutto se legata agli aspetti dell’offerta turistica dei
territori.
Riteniamo, pertanto, indispensabile, se dovesse
sciaguratamente concretizzarsi il progetto di estrazione petrolifera, di fatto
voluto, in primis, dal Partito democratico, che i Comuni della costa abruzzese,
a partire da quello di Vasto, si facciano immediatamente interpreti della
richiesta di modifica della legge nazionale, affinché essi siano ricompresi, a
pieno titolo, nella ripartizione percentuale delle royalties per le estrazioni
a mare (così come avviene per le estrazioni a terra) oggi invece spettanti ai
soli Stato e Regione. I limiti di confine a mare dovrebbero essere stabiliti
considerando tali quelli a terra, ben individuabili, relativi alla regione ed
ai singoli comuni.
Ciò che ne deriverebbe (diversi milioni
di Euro) non sarebbe certo cosa di poco conto se solo si pensa che le somme così
incamerate permetterebbero il sostanzioso abbattimento, se non il totale
annullamento, delle imposte comunali che i cittadini pagano per TARI, TASI, IMU
e quanti altri tributi gravano sul bilancio economico di famiglie ed aziende.
Se ciò non avvenisse, al danno si unirebbe la beffa:
non solo i Comuni, a partire da quello di Vasto, vedrebbero lesa la propria
immagine ambientale e turistica ma non potrebbero neanche beneficiare di quel
ristoro finanziario che permetterebbe un reale ed effettivo risparmio per la
popolazione residente. Nel nostro Programma amministrativo, in vista delle
elezioni comunali del 2016, dichiareremo la nostra assoluta contrarietà di
principio a nuove trivellazioni ma certo esprimeremo la volontà, nel caso nulla
riuscisse a fermare nuove piattaforme, di un impegno affinché Vasto ed i comuni
costieri siano ricompresi nella ripartizione delle royalties derivanti
dall’attività delle attuali piattaforme in mare e di quelle di nuova
installazione.
Massimo Desiati

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