Era tanto tempo fa, quando non
esistevano i giornali e i tagliandi per fare i sondaggi. Accadde che Dionisio si
incavolò molto con Platone. Il tiranno di Siracusa, così nel racconto di
Diogene Laerzio, se la prese a morte quando si sentì dire dal filosofo ateniese
che il potere non doveva essere disgiunto dalla virtù. Apriti cielo. Per il
povero Platone fu l’inizio di una lunga disavventura, che culminò, in un
crescendo di disgrazie, nell’onta della schiavitù, dalla quale fu poi
riscattato da un amico filosofo. Ma il punto non è tanto questo, quanto il
fatto che Dionisio fosse, appunto, tiranno. Autocrate, si direbbe con termine a
noi più vicino e di più immediata comprensione, uno, insomma, che basava la
propria posizione personale, il proprio potere (cratos) su sé stesso (autòs) e
non per derivazione dalla volontà popolare, ma nemmeno da altra istanza, quale,
per esempio, la disposizione di un sovrano. Una testa, un voto: così è adesso e
così dovrebbe funzionare. Con qualche piccola eccezione. Senza volere paragonare
Dionisio, che comunque aveva due palle così, alle nostre miserie attuali, che
fanno da sfondo alle ore presenti, qualche similitudine sta prendendo corpo. Ci
hanno spiegato che si contano le capocce, e chi ne mette insieme di più vince,
mentre chi ne ha di meno perde. Lo sbocco autocratico contemporaneo prevede,
invece, tanti tagliandi, da ritagliarsi dalle pagine di un quotidiano, coi
quali votare per sé. Per la precisione: col favore delle tenebre, quando ancora
il giornale è fresco di stampa, quando emana ancora il calore prodotto dalle
rotative, chi di dovere compra copie su copie della stessa testata (sembra di
sentirla quella sua voce: ‘io compro perché posso’), ritaglia, vota per sé ed invia
in redazione. È l’autarchia moderna, o post-moderna, non saprei, ma sempre
efficace.
G.Z.
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