lunedì 23 aprile 2012

24 aprile 1915. Inizia il genocidio dei cristiani armeni

Filippo FACCI Anche quello armeno è un genocidio (dimenticato) tratto da: Il Domenicale, 19.7.2003, n. 29, p. 1.

Con ignoranza indubbia - ma sana - ci ritrovammo calati nella questione armena pochi anni fa. Ce ne aveva parlato il deputato leghista Giuseppe Pagliarini, sensibile al problema perché sposato appunto con un'armena. I turchi avevano appena approvato delle riforme che potessero facilitarne l'ingresso nell'Unione Europea e tutti scrivevano che quella nazione, ancora una volta, si ritrovava in bilico tra l'Occidente e gli altopiani anatolici dell'Asia. Peccato che i turchi si ostinassero tuttavia a negare - ci spiegava Pagliarini - quello che era da ascrivere tra i grandi genocidi del Novecento assieme quello degli ebrei, degli zingari e dei curdi: il genocidio degli armeni, la strage in massa perpetrata dagli ottomani tra il 1915 e il 1916 in cui persero la vita un milione e mezzo di persone su un totale di due milioni e centomila. Eppure una mozione del Parlamento Europeo diceva chiaramente che la Turchia sarebbe restata fuori dall'Europa sinché non avesse ammesso il genocidio, il senato francese ci aveva fatto addirittura una legge, in Italia ne aveva parlato il Papa, tanto che Pagliarini era riuscito a far approvare una mozione parlamentare votata all'unanimità da tutti i partiti. E però della questione armena continuava a non parlare nessuno. La verità, o parte di essa, cominciò ad affacciarsi quando iniziammo a sfogliare un libro di Yves Ternon ("Gli armeni", Rizzoli) che aveva appunto il seguente sottotitolo: "Il genocidio dimenticato". Ma percepimmo il rischio di una parzialità. Così pure lo percepimmo nel rapportarci alle parole di Norman Finkelstein ne "L'industria dell'Olocausto" (sempre di Rizzoli) che diceva chiaramente questo: in Israele «fare menzione del genocidio degli armeni - o degli zingari o di un qualunque altro gruppo umano al di fuori degli israeliti - è tabù e viene subito denunciato come un tentativo ignobile di banalizzare l'Olocausto». La spiegazione ci parve troppo puerile per essere vera. Facemmo finta di niente anche dopo che Shimon Peres, da ministro degli Esteri, aveva visitato Ankara e definito "senza senso" la richiesta armena che fosse riconosciuto come genocidio quel che inopinatamente lo fu. È anche per questo che c'è da ringraziare due personaggi, Gad Lerner e Paolo Mieli, che talvolta e troppo sbrigativamente sono stati bollati come professionisti della questione ebraica. Lerner, punzecchiato da una vignetta dopo che sul mensile "Nigrizia" aveva auspicato l'ingresso della Turchia in Europa - dimenticando appunto lo sterminio armeno - ammise con signorilità: «Il massacro del popolo armeno è stato il primo atroce genocidio del XX secolo». Mentre Mieli, affrontando la questione sulle pagine del "Corriere", è stato anche più risoluto: «Sarebbe il caso che la comunità degli storici desse un suo fattivo contributo alla ricostruzione della storia del genocidio armeno in opposizione al persistente negazionismo dei turchi, e ad ogni loro pratica che tenda a occultare responsabilità e dimensioni di quella enorme strage compiuta dai loro progenitori novant'anni fa». «Non tutti gli ebrei - dice Mieli pur ammettendo certo silenzio ebraico - soffrono di questo mal di reticenza nei confronti dei genocidi altrui». L'ha dimostrato e gliene va reso atto.

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