L’insegnante di educazione
musicale sceglie, come accade sempre più spesso, la strada larga e piana, anzi
in discesa, del politicamente corretto. Strada facilmente percorribile ma
sdrucciolevole. O forse sbaglio nel dire “sceglie”: gli è che una certa forma
mentis ci è imposta senza che ce ne accorgiamo. I fatti: il saggio viene
presentato dal docente con un discorso di circostanza che ti fa rimpiangere la
sobrietà; a parte questo, l’introduzione ad una canzone connotata da uno
spiccato contenuto religioso ha teleologicamente il compito di edulcorare,
annacquare, immiserire. Vogliamo scherzare? Nella canzone si parla di Dio. Allora
l’empito è scontato: dopo aver detto per sette o otto volte “al di là del fatto
religioso”, il docente si inerpica in frasi del tipo “al posto di Dio ognuno
può mettere quello che vuole, è una cosa che riguarda tutti”. Come se Dio
escludesse. Ne emerge, tristemente, quel sottile fastidio nei confronti della
trascendenza e del sovrannaturale, quel Dio avvertito con fastidio, come un
peso, un macigno da trasportare. Benedetto uomo, se ti fai tanti problemi,
lascia perdere e scegli un’altra canzone, una un po’ più laica. Da sfondo, all’esterno,
ma qui la scuola non c’entra, si consuma un piccolo, quotidiano atto di
maleducazione. Il posto auto riservato agli inabili perennemente occupato da
chi inabile non è (foto). La strada verso la civiltà, quella vera, non quella
della società liquida e senza punti di riferimento, o,se si preferisce, verso
la buona educazione è tutta da percorrere.
Giacinto Zappacosta
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