venerdì 27 settembre 2013

INSIEME PER VASTO : VENT’ANNI DOPO

di Nicolangelo D'Adamo


1992: LE GRANDI INCHIESTE DI “MANI PULITE”

 L’ inverno  ‘92/’93 fu memorabile. Raggiungeva infatti il suo apice l’inchiesta  della Procura di Milano, che passerà alla storia con il nome di “Mani Pulite”, sulla corruzione politica in Italia.
Tutto era cominciato il 17 febbraio del 1992 con l’arresto, a Milano, dell’ing. Mario Chiesa, Presidente del Pio Albergo Trivulzio e membro di primo piano del PSI milanese: il “mariuolo”, come lo definì Craxi, era stato colto in flagrante mentre intascava una tangente dall’imprenditore monzese Luca Magni: sette milioni di lire, il cinquanta per cento di una tangente di quattordici, equivalente al 10% di un appalto di 140 milioni.
Sotto interrogatorio Mario Chiesa rivelò al Sostituto Procuratore Antonio Di Pietro il diffuso sistema di tangenti imperante da tempo e di proporzioni maggiori di quanto si sospettasse.
Le indagini produssero immediatamente  un diffuso e vivo malessere nell’opinione pubblica, al punto che nelle elezioni politiche del successivo mese di aprile tutti i principali partiti registrarono vasti cali di consenso, soprattutto la DC ed il PSI, ed un notevole aumento delle astensioni.
Dopo le elezioni furono arrestati molti industriali e politici : l’inchiesta era un torrente in piena ed il pool di Milano raggiunse in quei giorni una straordinaria popolarità, addirittura l’80%, quella che solitamente viene chiamata la “Soglia dell’Eroe”.
I partiti politici tardarono a capire l’ampiezza delle indagini, il devastante impatto sull’opinione pubblica, e mal si organizzarono per sostenere il confronto con la magistratura milanese, ma soprattutto non fecero nulla per dimostrare che erano pronti  a cambiare.
Anzi: il 5 marzo 1993 l’allora ministro della Giustizia Giovanni Conso fece approvare dal Governo Amato un decreto legge di depenalizzazione dei finanziamenti illeciti ai partiti (subito ribattezzato “colpo di spugna”). L’opinione pubblica insorse temendo l’insabbiamento di tutte le inchieste e il Presidente della Repubblica O.L. Scalfaro si rifiutò di controfirmare il decreto.
Di lì a poco, il 18 aprile successivo, al referendum proposto da Mario Segni l’elettorato scelse in massa il sistema maggioritario. Il governo Amato ne trasse le conseguenze: si dimise dopo tre giorni ravvisando in quel risultato un segnale di sfiducia dell’opinione pubblica.

  1. LA SITUAZIONE POLITICA A VASTO : I PROGETTI DI LISTE CIVICHE

In quel clima di profonda sfiducia nei partiti e di grande disorientamento, a Vasto si cominciò a pensare alle votazioni amministrative della primavera del 1993 come ad un appuntamento molto delicato, ma da non perdere per provare a cambiare il quadro politico cittadino che vedeva la DC al la guida della città ininterrottamente dalla fine della seconda guerra mondiale, tranne la parentesi ‘67\’72 quando ad amministrare la città si impose una anomala coalizione tra una lista civica, il Faro, guidato da Silvio Ciccarone ed il PCI, allora guidato da Mimì Laporese, una sorta di “compromesso storico” ante litteram.
A distanza di venti anni da quelle vicende è opportuno ricordare, anche se sommariamente, i “passaggi” più importanti di quella vicenda elettorale, le scelte politiche, i personaggi, la generosa disponibilità, senza alcun calcolo di interesse personale, di tanti che diedero vita, nel centrosinistra, ad un esperimento politico per tanti versi anticipatore della successiva nascita dell’ “Ulivo” a livello nazionale e, perché no, del Partito Democratico.
Infatti la lista civica che fu presentata alle elezioni di giugno, “Insieme per Vasto”, rappresentava una sintesi delle sensibilità culturali e politiche, laiche, socialiste e cattoliche che negli anni a venire avrebbero dato  vita alla coalizione progressista dell’Ulivo voluta da Romano Prodi ed in seguito alla nascita di un vero partito.
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Di questa finalità erano ben consapevoli i protagonisti di quella scelta, al punto che nel presentare la lista civica alla città ci tennero a sottolineare che: “ “Insieme per Vasto” (è) un punto di incontro tra culture, esperienze e modi di pensare diversi, è uno schieramento progressista alternativo alla DC e si propone come l’unica alternativa possibile, attualmente, all’amministrazione della nostra città”.
Anche a destra si seguì l’esempio del centrosinistra: il MSI non presentò una propria lista, ma preferì anch’esso, dopo l’ufficializzazione della lista civica di centrosinistra, lo strumento di una propria lista civica che  chiamerà “Rinnovare”.
 Anche in questo caso si tentò il coinvolgimento di vasti settori della cosiddetta “società civile” per un maggior coinvolgimento dell’elettorato.
Del resto l’obiettivo di quella campagna elettorale, per la destra ed il centrosinistra, era la sconfitta della Democrazia Cristiana: al partito di maggioranza si imputavano “l’aumento della disoccupazione, il crollo delle presenze turistiche, l’abbandono del centro storico, il traffico caotico, la mancanza di parcheggi ed isole verdi, l’aumento del consumo della droga” e dei dirigenti di quel partito si disse, con severo sarcasmo, di avere “una cristianità che si risolve nella partecipazione alle processioni” (dal Programma Elettorale di “Insieme per Vasto”).
La critica più severa veniva fatta alla gestione “allegra” del bilancio comunale visto l’importo delle bollette di ENEL e SIP che venivano pagate: solo nel primo bimestre del 1993 venne pagata una bolletta telefonica di 80 milioni e l’anno precedente, nel 1992, il comune di Vasto aveva pagato per spese telefoniche l’enorme somma  di 295 milioni.
Perciò l’idea di una grande coalizione “civica” in opposizione alla DC locale, tra l’altro in affanno, apparve come una possibile via d’uscita,  percorribile da tutti i partiti d’opposizione, anch’essi in grave difficoltà, a condizione che ciascuno, però, rinunciasse al proprio simbolo.
E questa rinuncia a nessun esponente politico locale delle opposizioni apparve troppo dolorosa o addirittura impossibile: si era disposti ad accantonare ogni principio ideologico divisivo, come si direbbe oggi, per concentrarsi su un programma amministrativo concreto di opere pubbliche e di rilancio dell’economia locale, ma anche, come si scrisse allora con una certa  enfasi, “per ridare la politica ai cittadini, per permettere che essi possano riappropriarsi della loro città”.

  1. LA PRIMA RIUNIONE PER LA FORMAZIONE DELLA LISTA CIVICA

Fu così che Gianfranco Smargiassi, segretario del PLI, Nicola Di Laudo, segretario del PDS e Nicolangelo D’Adamo, segretario del PSI si incontrarono a casa del comune amico Alberto Piccolotti per discutere una prima ipotesi d’intesa. A quella riunione parteciparono anche tre esponenti del MSI, ovvero Giuseppe Tagliente, Massimo Desiati e Filippo Pietrocola, anche loro interessati ad una grande lista civica per tentare di sconfiggere la Democrazia Cristiana allora retta da Antonio Prospero e Pino Molino.
Il clima dell’incontro fu  subito molto cordiale, né poteva essere altrimenti tra persone che si conoscevano a memoria, alcuni già presenti in Consiglio Comunale e nella veste di Consiglieri avevano già condiviso battaglie comuni e sostenuto una netta opposizione alla maggioranza democristiana.
 Da tutti fu segnalata l’irripetibilità di una occasione del genere, ovvero la possibilità di dare alla città un’ amministrazione nuova non solo negli uomini, ma anche al riparo dalle tradizionali ipoteche partitiche, in tutto in linea con quanto l’opinione pubblica nazionale chiedeva per il governo del Paese. Insomma si ipotizzava una sorta di grande coalizione: dal Movimento Sociale al Partito Democratico della Sinistra con finalità e compiti meramente amministrativi, al netto di ogni inevitabile  e storica divisione ideologica.
Il primo problema che si incontrò, insormontabile e causa del successivo fallimento del tentativo, fu l’individuazione del candidato sindaco che avrebbe dovuto guidare la coalizione. Giuseppe Tagliente si mostrò disponibile a coinvolgere il MSI e partecipare alla coalizione, ma precisò: “il candidato sindaco dovrò essere io! Altrimenti il nostro elettorato non capirebbe”.
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Questa la “condicio sine qua non” , avallata da Desiati e Pietrocola. La risposta degli altri partiti non si fece attendere, chiara e definitiva: “il candidato sindaco dovrà essere un esponente della “società civile”,altrimenti anche il nostro elettorato non capirebbe e la stessa lista civica non sarebbe credibile”, risposero i segretari degli altri partiti.
 E su questo punto il progetto si arenò, senza neppure riprendere la discussione sui temi programmatici più qualificanti che già erano stati individuati con unanime condivisione.
La riunione finì con un reciproco augurio, una stretta di mano e con l’esplicita ammissione che il MSI avrebbe seguito un’altra strada.

  1. DUE LISTE CIVICHE: “INSIEME PER VASTO” (CENTROSINISTRA), “RINNOVARE”  (MSI-CENTRODESTRA).

Nei giorni successivi il PLI, il PDS ed il PSI continuarono gli incontri con delegazioni allargate per coinvolgere anche gli esponenti degli altri partiti presenti a Vasto, ovvero il PSDI, il PRI ed i Verdi nel tentativo di arrivare alla formazione di una unica lista civica, con la partecipazione, limitata, di esponenti dei partiti tradizionali.
Ovviamente il ruolo di candidato sindaco doveva essere riservato ad un esponente della “società civile”. Del Comitato Promotore della Lista Civica entrarono presto a far parte anche esponenti della “società civile”, ovvero persone  lontane o comunque non schierate e tanto meno tesserate con uno dei partiti del centrosinistra, ma sensibili e disponibili ad amministrare la cosa pubblica.
 Mi riferisco a personaggi come Ivan Aloè, Alberto Piccolotti, Walter Longhi, Fabio Giangiacomo (poi segretario del PDS), il compianto Antonio Di Santo ed altri che portarono nel Comitato nuove  sensibilità, esigenze, aspettative che in parte sfuggivano ai partiti e rappresentavano le principali ragioni  di critica e progressiva separazione dei partiti dal sentire comune (gli anni a venire si incaricheranno di accentuare ancora di più quella separazione, fino ad assumere essa stessa una forma partito).
Oltre alla scelta dei candidati e al “peso” da dare nella lista alla presenza degli esponenti di partito  e a quella degli esponenti della “società civile” (molti chiedevano agli esponenti di partito di “fare un passo indietro”), l’ideazione di un logo efficace, lo spazio da riservare alla presenza femminile (si voleva allora che la rappresentanza di genere fosse divisa al cinquanta per cento) e a tante altre scelte minori legate alla specificità di una lista civica.
Il Comitato si impegnò ben presto nella discussione sul programma elettorale e soprattutto cominciò a valutare alcune ipotesi di candidatura per il delicato ruolo di sindaco designato, naturalmente espressione della “società civile”.
La delicata scelta del candidato sindaco occupò molto tempo. Intanto un gruppo di lavoro cominciò la stesura del programma.
A febbraio fu annunciato che era in formazione una lista civica che si sarebbe chiamata “Insieme per Vasto”.
Di lì a qualche giorno anche il MSI annunciò che era in formazione una lista civica di “destra” che si sarebbe chiamata “Rinnovare”.

      5. UN PROGRAMMA CON TANTE INTUIZIONI

A premessa del programma elettorale di “Insieme per Vasto” troviamo una perentoria affermazione di principio dal sapore vagamente “grillino”: “Nella nostra città, si legge, il cittadino trova enormi difficoltà a rapportarsi con il Municipio, anche per le cose più elementari come avere un’informazione. Tutto ciò non è casuale, ma frutto di una precisa scelta politica che ha trasformato il cittadino in cliente ed il diritto in favore: il Comune ha senso solo se è dalla parte del cittadino”.
Il distacco dall’Amministrazione precedente non poteva essere più netto.
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Partendo da questa premessa, l’intero testo del programma elettorale di “Insieme per Vasto” appare, ancor più oggi, pervaso da una grande aspettativa di rinnovamento e di trasparenza (si prometteva anche  la “pubblicazione dei patrimoni e dei redditi dei consiglieri” e, addirittura, di “affidare ad associazioni di utenti, a collegi ed ordini professionali la costituzione di osservatori sugli appalti e sul funzionamento dei servizi pubblici…  (essi) potranno  accedere  agli  atti  della  P.A. e riferire al
Consiglio Comunale o alla Giunta, secondo le rispettive competenze).
Inoltre si esplicita un genuino bisogno di partecipazione popolare alle decisioni (a tale scopo si propongono i “referendum consultivi” e i “comitati di quartiere e di frazione”) ed una grande attenzione ai giovani fino a spingersi, magari un po’ velleitariamente, ad auspicare la nascita di “Centri Sociali Autogestiti”.
Ma se, oltre agli “auspici”, si rileggono oggi le singole proposte programmatiche, scopriamo una serie di felici intuizioni che in parte si sono concretizzate negli anni successivi ed altre aspettano di trovare attuazione perché, magari, di interesse intercomunale o provinciale come la “valorizzazione delle aree dimesse dalle FF.SS. (allora non si parlava ancora di “Parco della Costa Teatina”) e si aspetta ancora un accordo programmatico.
Ci sembra opportuno, perciò, segnalare alcune  proposte più  significative che hanno trovato realizzazione negli anni a venire come: l’”Istituzione della Riserva di Punta Aderce”, le “Piste Ciclabili”, il “Parcheggio Coperto di Via Foscolo”, il “Nuovo Piano Regolatore Generale” (approvato dalla Giunta Tagliente e che meriterebbe una vasta rivisitazione).
Molte altre proposte innovative sono state invece abbandonate dalle amministrazioni successive o giacciono desolatamente da anni negli armadi di qualche assessorato. Si pensi per esempio all’irrisolto problema  degli “Accessi al Mare”, la ristrutturazione del “Mercato di S. Chiara”, la “Strada di Collegamento S.Antonio Abate/Vasto Marina”, la “Sede Vastese dell’Archivio di Stato e della Motorizzzione “.
Nessuna Amministrazione successiva ha promosso “iniziative finalizzate a collegare il turismo della costa a quello dell’interno attraverso la definizione di itinerari storici, archeologici, paesaggistici, gastronomici e di folklore in modo da arricchire l’offerta mare”.
La mancanza di risorse finanziarie non consente oggi l’iscrizione al patrimonio comunale dell’intero Palazzo d’Avalos e l’acquisto di Palazzo Palmieri, ma dalla proposta di “Insieme per Vasto” sono passati  venti anni e forse poteva essere fatto qualche tentativo.
Né ha avuto seguito la proposta di favorire la realizzazione di “Impianti di Pescicoltura”.
Va aggiunto che un terzo “Palazzo” meriterebbe maggiore attenzione da parte degli Amministratori, un “Palazzo” che ha fortemente segnato la storia di Vasto nell’Ottocento, come gli altri due nell’Alto e Basso Medioevo.
Mi riferisco a “Palazzo Ciccarone” in Corso Plebiscito!
Nella scelta toponomastica viene riassunto l’evento a cui  è legata quella strada:
Il 21 Ottobre del 1860, lungo quella strada, sotto Palazzo Ciccarone, si festeggiò la vittoria dei “si” al Plebiscito che precedette di pochi mesi la proclamazione dell’Unità d’Italia.
In più occasioni ho  proposto di trasformare quel Palazzo in un “Museo del Risorgimento”, previa costituzione di una “Fondazione Ciccarone” con una partecipazione  comunale minoritaria rispetto alla famiglia. Mi auguro di essere ascoltato.

  1. LA COMPOSIZIONE DELLA LISTA CIVICA “INSIEME PER VASTO”

Abbiamo già accennato alla costituzione di un comitato misto, esponenti dei partiti e “società civile”, con il delicato compito di compilare la lista dei candidati.
A tale proposito si scelsero i seguenti criteri:
  1. Ampio spazio ai candidati della “società civile”;
  2. almeno un terzo delle  candidature riservato alle donne;
  3. uno spazio di riguardo ai candidati giovani.
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La lista che sarà poi presentata alla città rispetterà puntualmente quei criteri visto che agli esponenti di partito più riconoscibili vennero assegnati solo un quinto dei posti disponibili (6).
Nove furono le donne e dieci i giovani tra cui quattro studenti universitari.
Viene pubblicata a parte l’intera lista dei trenta candidati.
L’ansia di rinnovamento e la voglia di presentarsi alla città in una veste quasi del tutto civica segnò profondamente anche la campagna elettorale ed i comportamenti dei singoli candidati, anche con alcune punte di ingenuità.
Persino il comizio dell’on. Massimo D’Alema, voluto dal PDS, fu criticato all’interno del Movimento perché ”di parte” e troppo… “caratterizzante”.
Niente di tutto questo nella lista civica di centrodestra “Rinnovare”: Il capolista candidato sindaco era Giuseppe Tagliente, a capo della sezione locale del MSI, e, con molto realismo, molti candidati erano esponenti riconoscibili  di quel partito.

  1. LA SCELTA DEL CANDIDATO SINDACO

Molto tempo fu dedicato alla scelta del candidato sindaco. Era infatti la prima volta che si sperimentava la nuova legge elettorale, quella ancora oggi in vigore, che impone la candidatura di un sindaco designato a cui vengono collegate le liste, o la lista,  dei candidati consiglieri di quel partito o quella coalizione.
Lo stesso programma elettorale era ed è, ufficialmente, il “Programma del Sindaco”. All’elettore viene chiesto di esprimere due voti: uno per il candidato sindaco ed uno per il candidato consigliere prescelto. Se nessun candidato sindaco arrivasse al 50,1% si fa ricorso al ballottaggio.
Nel 1993 il ballottaggio era già fissato per il 20 giugno.
La legge elettorale non esclude la possibilità del voto disgiunto, ovvero un voto al candidato sindaco di centrosinistra ed un voto al candidato consigliere di centrodestra.
Questa possibilità potrebbe causare una maggioranza anomala in Consiglio Comunale, quella che comunemente si chiama “anatra zoppa”, ovvero, per esempio, un sindaco di centrosinistra ed una maggioranza consigliare di centrodestra. La legge non prevede l’automatica ripetizione del voto: se il sindaco eletto è capace di trovare una sua maggioranza in Consiglio, teoricamente può restare in carica anche per l’intero quinquennio, oppure si rivolta appena possibile.
Alla fine tutti convennero che un buon candidato era il prof. Giovanni Aloè, per tutti Ivan, molto conosciuto in città ed apprezzato docente di Lettere della locale Scuola Media “G.Rossetti”.
Si trattava infatti di un professionista non schierato con alcun partito, ma con sensibilità e valori riconducibili a quelli che animavano la nascente lista di “Insieme per Vasto”.

  1. LA CAMPAGNA ELETTORALE ED UN IMPREVISTO:
      LE LISTE DELLA  DC E DI RC VENGONO  BOCCIATE

Il Comitato promotore della Lista Civica “Insieme per Vasto” provvide ad aprire, per il periodo della campagna elettorale, una propria sede operativa nei locali di Palazzo Ruzzi (Politeama) su via XXIV Maggio. E questo sia per la comodità e l’ampiezza di quei locali, sia  per evitare fraintesi e pettegolezzi in caso di  uso delle sezioni di partito. Naturalmente tutto era a carico del bilancio del Comitato, bilancio costituito da una sottoscrizione cittadina.
La campagna elettorale si preannunciava abbastanza arroventata: due liste civiche, di destra  e di centrosinistra fortemente motivate e decise a mandare all’opposizione la Democrazia Cristiana. Partito in notevole difficoltà  in quei giorni, ancora traumatizzata dall’arresto dell’intera Giunta Salini il 29 settembre dell’anno precedente, il 1992.
Una data che entrerà nella storia della Regione Abruzzo per l’anomalia dell’evento, era la prima volta in Italia che veniva arrestata un’intera Giunta Regionale, e per l’ampia risonanza mediatica: anche il New York Times gli dedicò la prima pagina.
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Il reato contestato alla Giunta dal Sostituto Procuratore Fabrizio Tragnone (oggi defunto) era l’abuso d’ufficio nell’assegnazione dei fondi europei dei Programmi POP (Programma Operativo Plurifondo).
L’accusa cadde nel 1996 quando il governo cancellò il reato d’abuso d’ufficio.
Tutti gli imputati furono assolti in via definitiva in Cassazione tranne il Presidente Rocco Salini.
A Vasto quelle vicende avevano fiaccato notevolmente la Democrazia Cristiana e provocato anche alcune defezioni e rapporti tesi tra i leaders locali, ma nessuno poteva immaginare che sbagliassero a presentare la lista, ovvero che commettessero errori tali da convincere la CECI (la Commissione Elettorale Circoscrizionale) ad escludere dalla competizione elettorale la lista della Democrazia Cristiana. Stessa sorte ebbe la lista di Rifondazione Comunista per irregolarità formali
Dopo l’esclusione decisa della Commissione Elettorale, naturalmente i dirigenti delle locali sezioni della DC e di RC provarono a fare ricorso al TAR e dopo la sentenza negativa del Tribunale Regionale si appellarono al Consiglio di Stato.
Ma il 29 maggio del 1993, a sette giorni dal voto, anche quell’ultimo grado di giudizio amministrativo escludeva in via definitiva la lista della Democrazia Cristiana, perché i suoi rappresentanti avevano sostituito alcuni nomi di candidati dopo che la lista era stata presentata alla Commissione Elettorale.
Stessa sorte per la lista di Rifondazione Comunista per alcune insanabili irregolarità formali.
La leggerezza commessa dai dirigenti locali della Democrazia Cristiana, oltre a provocare la prevedibile reazione del Presidente del partito e ministro della Pubblica Istruzione Rosa Russo Jervolino e dell’ex Ministro Remo Gaspari, allontanava dal partito tanti simpatizzanti ma soprattutto liberava un grande serbatoio di voti che finì col modificare radicalmente la campagna elettorale.
Il Comitato promotore di “Insieme per Vasto” non fu pronto a cogliere la grande opportunità che gli veniva offerta e, mostrando anche una certa ingenua sufficienza, non tentò, anzi respinse, qualsiasi forma di accordo con pezzi dell’elettorato democristiano pur disponibile a sostenere la lista civica di centrosinistra. Tanto radicato e diffuso era il bisogno di dimostrare l’impermeabilità a qualsiasi forma di compromesso, ancorché palese e politicamente motivato, che quelle decisioni furono spontanee e non frutto di una discussione collegiale.
I dirigenti dell’altra lista civica, Rinnovare, mostrarono, al contrario, molto realismo politico.
Senza la Democrazia Cristiana  in campo la campagna elettorale si trasformò in un referendum tra Giovanni Aloè e Giuseppe Tagliente, rispettivamente candidati sindaco di Centrosinistra e Centrodestra. L’assenza di Rifondazione Comunista ebbe un peso relativo e non favorì alcun  candidato: in tanti preferirono l’astensione.

  1. RISULTATI DELLA VOTAZIONE DEL 06 GIUGNO 1993

Quel 6 giugno di venti anni addietro, domenica, era la prima volta che si votava un solo giorno e la partecipazione  al voto fu massiccia. Iniziò subito lo spoglio ed intorno a mezzanotte fu chiaro il risultato a favore della lista civica “Rinnovare” i cui esponenti si riversarono in massa su Piazza Barbacani.
Il comitato elettorale di “Insieme per Vasto” aspettò i risultati nella sede di via XXIV Maggio, affrontando anche qualche antipatica provocazione.
I risultati definitivi furono i seguenti:
1. Lista Civica “Rinnovare” voti 11.494 pari al 55,61%;  Capolista: Giuseppe Tagliente voti 11.773;
2. Lista Civica “Insieme per Vasto” voti 9290, pari al 44,39%; capolista Giovanni Aloè voti 9.399.
Insieme a Giuseppe Tagliente, eletto sindaco, entravano in Consiglio Comunale ben 18 Consiglieri della lista “Rinnovare”, ovvero (tra parentesi i voti di preferenza): Massimo Desiati (1016), Filippo Pietrocola (639), Lorenzo Russo (623), Nicola Carlesi (623), Piergiorgio Savelli (616), Antonio Obino (504), Nicola Miscione (452), Sebastiano Del Casale (409), Nicola Mastrovincenzo (362),
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Donato Sabatini(312), Pio Bucciarelli (310), Giovanni Scè /(295), Elisa Pastorelli (275), Mauro La Verghetta (218), Ennio Barone (215), Antonio Menna (205), Idiano Tenaglia (172).
All’opposizione andarono dodici seggi, ovvero, oltre a Giovanni Aloè, candidato sindaco, il primo degli eletti fu Nicola D’Adamo (585) poi Alberto Piccolotti (565), Michele Sonnini (469), Eugenio D’Alberto (372), Antonio Di Santo (366), Pasquale Carlucci (362), Giovanni Di Nocco (325), Walter Longhi (317), Carlo Aquilano (313), Giovanni Smargiassi (303), Anita Campanella (298).
Il risultato clamoroso dell’elezione a sindaco di Vasto di un esponente del Movimento Sociale, complice anche l’imprevista e spettacolare esclusione della DC dalla competizione elettorale, fu sottolineato anche dalla folla che assistette al giuramento del neosindaco nell’aula Consiliare.
Iniziava un altro percorso per gli eletti di “Insieme per Vasto”, nel ruolo di minoranza in Consiglio Comunale per costruire una possibile rivincita alla fine di quel quinquennio.
I fatti successivi si incaricheranno, però,  di smentire questa  previsione temporale.
Una sentenza del TAR, a seguito di un ricorso presentato da Rifondazione Comunista, manderà tutti a casa già a Natale del primo anno di sindacatura e tutto ricominciava da capo.

  1. NUOVE VOTAZIONI: NASCITA DELLA LISTA 
      “PATTO SEGNI\INSIEME PER VASTO”


Rifondazione Comunista, o meglio il Segretario Daniele Menna, che non aveva accettato la sentenza del Consiglio di Stato che lo aveva escluso  dalle votazioni del 6 giugno ’93, non perse tempo a presentare un circostanziato ricorso al TAR per alcune irregolarità della lista Civica “Rinnovare”, a cominciare dal simbolo che riproduceva l’immagine di S. Michele, Patrono della città, ricorso teso a far ripetere le elezioni del giugno precedente.
Pur tra lo scetticismo generale, il ricorso fu accolto il 5 novembre di quell’anno e le elezioni furono annullate: bisognava, da subito, prepararsi ad una  nuova tornata elettorale.
Lo scioglimento del Consiglio Comunale, in seguito al ricorso presentato da Rifondazione Comunista,  e la necessità di riorganizzarsi per preparare una nuova lista ed impostare la successiva campagna elettorale, ma anche il bisogno di seguire le vicende amministrative ormai affidate ad un Commissario prefettizio, incarico ricoperto dal funzionario del Ministero dell’Interno dott. Eligio Cammarota, colsero impreparato il movimento “Insieme per Vasto”.  I partiti che ne avevano favorito la nascita cominciarono a riappropriarsi dei loro spazi e soprattutto  si mise in discussione il ruolo dell’ex gruppo Consiliare, a cominciare dal candidato Sindaco Giovanni Aloè.
Dopo interminabili discussioni e sterili confronti si arrivò alla rottura e gli esponenti del PDS, d’accordo con Rifondazione Comunista, decisero di presentare una propria lista, chiamata semplicemente “Progressisti”, ancorché collegata allo stesso candidato sindaco della lista di “Insieme per Vasto”.
Proprio sulla scelta del candidato sindaco fu chiara a tutti la diversità di interessi tra la sinistra e quel che rimaneva di “Insieme per Vasto”. Molta fu la freddezza del PDS e di RC per una ricandidatura  di Giovanni Aloè, al quale, che pur non aveva demeritato nell’elezione del 6 giugno precedente, si preferiva il dott. Giuseppe Listorto, ottimo medico e stimato professionista, ma anche avulso dalla realtà vastese.
Il movimento civico  “Insieme per Vasto”, indebolito dalla defezione della sinistra, mortificato dalla messa in discussione del suo Leader, registrò anche importanti defezioni e finì con l’accettare l’abbraccio con il neonato “Patto Segni”, un movimento politico nato dopo la grande vittoria referendaria  di Mario Segni per la scelta del maggioritario, presentando una lista congiunta, ovviamente  con un nuovo logo.
La scelta del candidato sindaco premiò Giuseppe Listorto e Giovanni Aloè, con indubbia generosità, accettò ugualmente di candidarsi, risultando poi il primo degli eletti.
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Finiva così, molto mestamente, una bella esperienza politica che si pensava fosse nata tra tanti slanci ideali e robusti propositi di rinnovamento. Ma, molto più probabilmente, fu l’emergenza del momento, il disorientamento a seguito delle inchieste di “Mani Pulite”, la voglia di apparire diversi e aperti: i partiti verso la  “società civile” e questa verso i partiti “riformati”, a far da collante agli inizi, quando il movimento si formò. Poi molti preferirono riprendere le vecchie strade e le vecchie abitudini, magari con nomi nuovi e vesti nuove.

  1. LE VOTAZIONI DEL 20 NOVEMBRE 1994

All’appuntamento elettorale del 20 novembre 1994 furono presentate sei liste: “Rinnovare” e “Forza Italia-Ccd” con candidato sindaco Giuseppe Tagliente; “Patto Segni \ Insieme per Vasto” e “Progressisti” con candidato Sindaco Giuseppe Listorto, “Partito Popolare” con candidato sindaco Carlo Perrozzi e la “Diga Priapea” con candidato sindaco Antonio di Falco. Quest’ultima lista, già nel nome, anticipò molti temi cari a Grillo e condusse l’intera campagna elettorale senza sconti per nessuno, con molta durezza  ed asprezze linguistiche. Ma evidentemente era troppo in anticipo e i tempi non erano maturi. A quella lista andarono solo 448 voti di preferenza, pari al 2,41%, non raggiunse il “quorum” e quindi nessun eletto.
I risultati elettorali premiarono, come era ampiamente previsto, la coalizione di centro destra e Giuseppe Tagliente fu rieletto sindaco con un’alta percentuale di voti, pari al 58,46%.
La lista civica “Rinnovare”, candidato Sindaco Giuseppe Tagliente, ebbe 8.300 voti, pari al 38,6% confermandosi di gran lunga il primo partito della città. La lista “Forza Italia\Ccd”, collegata al candidato sindaco Giuseppe Tagliente, riportò 3.118 voti, pari al 14,5 % .  Patto Segni \ Insieme per Vasto, candidato sindaco Giuseppe Listorto, ebbe 2641 voti pari al 12,3%; Progressisti, candidato sindaco Giuseppe Listorto, voti 4036, pari al 18,7%. Partito Popolare, candidato sindaco Carlo Perrozzi, voti 2983 pari al 13,8 % dei consensi. Diga Priapea, candidato sindaco Angelo Di Falco,  voti 448 pari a 2,41 % dei consensi.
La composizione del Consiglio Comunale, che prevedeva l’assegnazione di 18 consiglieri alla maggioranza e 12 alla minoranza, penalizzò ovviamente la lista civica “Insieme per Vasto” che pur presentandosi con il “Patto Segni” portava in Consiglio solo tre consiglieri, di cui solo due di provenienza “Insieme per Vasto”, ovvero Ivan Aloè (387 voti) e Antonio Nocciolino (244), mentre il terzo consigliere eletto, Mario Olivieri (200), era di provenienza Patto Segni.
Il Consiglio Comunale risultò così composto:
Maggioranza: Lista civica “Rinnovare”, Nazario Augelli, Pio Bucciarelli, Nicola Carlesi, Dario Ciancaglini, Massimo Desiati, Nicola Fariello, Nicola Mastrovincenzo, Antonio Obino, Filippo Pietrocola, Lorenzo Russo, Piergiorgio Savelli, Roberto Suriani, Giovanni Scè.
Lista Forza Italia-Ccd: Armando Scopelliti, Giovanni Bolognese, Vincenzo Ottaviano, Rosanna Porcelli, Davide Silano.
Minoranze: Progressisti, Giuseppe Listorto (candidato sindaco: voti 6601, pari 31% dei consensi), Domenico Generoso (192), Enzo Giattini (189), Miche Massone (268), Michele Sonnini (306).
Patto Segni \ Insieme per Vasto: tre eletti di sopra menzionati.
Partito Popolare: Carlo Perrozzi (candidato sindaco voti 2983 pari al 13,8 %), Nicola Del Prete (321), Leone Di Marco (292), Michele Notarangelo (217).
Durante la sindacatura le due liste di centrosinistra riuscirono comunque a condurre una opposizione condivisa, ma la sorte del movimento civico “Insieme per Vasto” era segnata. Progressivamente alcuni  rientrarono nei partiti di provenienza o iniziarono una nuova militanza partitica, altri abbandonarono l’impegno politico.
Si annunciava ormai la nascita dell’”Ulivo” di Romano Prodi. Un nuovo soggetto politico che conteneva istanze ed idealità molto vicine o addirittura identiche a quelle che erano state alla base della  nascita del movimento civico vastese, pertanto, almeno idealmente, ne continuava l’esistenza.


  

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