Pistola alla cintola, Stefàno sta dando il peggio di sé
La Città è alle corde, smarrita,
senza prospettive. Avvertiamo, ormai, che il futuro è già stato scritto, un
futuro triste, deciso da altri. Non so se il sindaco e gli assessori facciano
di tanto in tanto un giro nei mercati comunali, sugli autobus, per le strade e
le piazze di questa nostra bella Taranto: io, per la verità, non li ho mai
visti, ma se i nostri amministratori frequentano il popolo, quel popolo di cui
tanto parlano e di cui si sentono avanguardia illuminata, hanno senz’altro
avuto contezza di come le cose non vadano e di come il malessere monti. L’Ilva
(che io mi ostino a chiamare Italsider: faccio parte di un’altra generazione) è
solo l’epifenomeno di una questione più ampia e complessa, un sistema di
potere, tutto orientato a sinistra (vero, Vendola?), che chiama in causa una
gestione fallimentare della Città, una scelta, quella della industrializzazione
indotta, guidata dallo Stato, prima, e affidata ora al privato. Un errore dopo
l’altro, dalla posa della prima pietra. Ha ragione lo storico Giacinto Peluso:
nessuno, all’epoca, né i partiti politici, né i sindacati, né le associazioni,
né gli ambientalisti (che non esistevano), né la cittadinanza, nessuno, dicevo,
ha alzato la mano per dire: un momento, ragioniamo, riflettiamo su quello che
stiamo facendo, sul futuro di Taranto. Anzi, gli strombazzamenti, in un
crescendo patetico, accompagnarono il procedere del cantiere. E Italsider fu.
Quello che sta venendo fuori in questi giorni, il verminaio diffuso, è
preoccupante. Al di là di quello che ci dirà la magistratura, emerge sempre più
chiaro un sistema consolidato di interessi, sostenuto e alimentato dalla
incapacità, o non- volontà, di definire uno sviluppo diverso, alto, nuovo per
questa Città. In ogni caso, questa progettualità appare inarrivabile per
l’attuale classe dirigente, compromessa per una diuturna frequentazione con chi
ha deturpato l’ambiente e abbruttito una città tra le più belle del mondo. Mi
riferisco, a scanso di equivoci e di querele, a responsabilità politiche, non
di natura penale.
Giacinto Zappacosta
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