mercoledì 19 marzo 2014

Il coniuge nel talamo

Fa parte della nostra cultura, classica e mediterranea, della quale sono fiero, intendiamoci. Ulisse, che era re, provvide a costruirlo di persona: lo montò sul ceppo di un albero, tanto da renderlo inamovibile, simbolo di quell’affectio maritalis che in effetti lo accompagnò per tutta la vita. Il talamo nuziale è la cambiale che si paga per avere il sesso sempre a portata di mano, o di qualcos’altro, giudichi il lettore. Anche in piena notte, sempre che la dolce metà sia disponibile, puoi soddisfare gli istinti primordiali. Per il resto, una rottura di palle senza limiti: dove l’una ha caldo, l’altro ha freddo, se un coniuge russa, tipo trattore senza marmitta, l’altro ha il sonno leggero come una piuma. E poi le donne spesso si alzano per fare pipì (è per questo che le signore occupano la metà del letto più vicina alla porta, o comunque al cesso), tirano lo scarico, pena la putrefazione notturna del liquido espulso, con tanti saluti al sonno del povero marito. Ancora, che dire dei fremiti, dei gemiti, dei lamenti che accompagnano i sogni? Quando ti svegli non te ne ricordi più, ma chi ti dorme a fianco ha gli occhi ammaccati e cerchiati da un antiestetico rigo nero, sintomo evidente di una nottata passata in bianco. Ecco, gli americani, del tutto indifferenti al fatto che il re di Itaca fosse così orgoglioso di aver regalato a Penelope (o Penelopè, come la chiama Dante, ma solo per una questione metrica) il letto bi-posto, preferiscono condividere la stanza ma non il materasso, come si usa tra compagni in gita scolastica o tra camerati, oppure ancora tra calciatori in ritiro. Rimane da capire quale letto scelgano in occasione degli scambi di effusioni amorose e come facciano a districarsi in uno spazio così limitato. Rimane soprattutto da capire come abbia potuto il nostro compaesano Publio Paquio Sceva, non pago di aver condiviso il letto con Flavia, farsi costruire, caso unico al mondo, una tomba bisoma, atta a contenere le spoglie di entrambi. Va bene soffrire da vivi, ma da morti è assurdo.

Giacinto Zappacosta      


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