Quel pomeriggio di tanto tempo fa passato a studiare L’Infinito
Hanno scoperto l’America, oppure l’acqua calda, fate voi. Ho
seguito (distrattamente) un telegiornale che magnificava la bontà del mandare a
memoria brani e poesie. Per noi vecchi è una ovvietà. Maria D’Ugo, Concetta
Carmenini: due educatrici, due insegnanti, due esempi, due vite spese per i
ragazzi. Sia la prima, mia maestra dal 1966 al 1971, che la seconda,
professoressa di lettere nei tre anni successivi, non ci lesinavano, tra i vari
compiti a casa, di imparare a memoria Rodari, Dante, Foscolo e Manzoni.
Ricordo, soprattutto, le difficoltà nel memorizzare L’Infinito, una poesia
bellissima, densa di significato. Si è poi detto, nel corso degli anni, durante
l’opera di demolizione della scuola e della sua funzione educativa, che il
tutto rientrava nel nozionismo, in una visione arcaica della cultura, che non
valeva la pena sforzare le facoltà mnemoniche. Risultato: i ragazzi di oggi,
non per colpa loro, non sono in grado di recitare il “5 maggio”. Noi eravamo in
grado di farlo e, grazie a Dio, in qualche caso, a distanza di decenni,
sapremmo ancora disimpegnarci con i giganti della nostra letteratura.
Giacinto Zappacosta
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