Continua, inesorabile, la demolizione della lingua
italiana. Da chi non te l’aspetti
L’agguato, il pericolo
sono sempre lì, dietro l’angolo. Si concretizzano all’improvviso e in un
contesto insospettabile, di assoluta (apparente) affidabilità. Su “la 7”,
l’emittente televisiva che noi anziani ci ostiniamo a chiamare ancora “Tele
Montecarlo”, il dibattito ferve, è di alto profilo, di sicuro interesse e di
piacevole ascolto. Quand’ecco, all’improvviso, l’attacco concentrico, del tutto
imprevisto. Alla domanda se fosse o meno d’accordo con quanto proclamato con
tanta dottrina da un ospite in studio, la risposta del giornalista, collegato
da un’altra città, uno di quelli che va per la maggiore, vice-direttore di una
testata a tiratura nazionale, è in un empito sconvolgente: “Affatto”. In sé e
per sé l’utilizzo dell’avverbio, peraltro molto usato, è esente da censura. Ma
il punto è un altro, e chiama in causa la scarsa conoscenza del nostro stupendo
idioma, la lingua di Dante e di Machiavelli, e giù giù, in ordine cronologico,
di Foscolo, Manzoni e Quasimodo. Gli è che quell’ “affatto”, come evidenziato
dal contesto, dalla mimica facciale di cotanto giornalista, dal linguaggio
para- verbale, nonché dallo sviluppo del discorso, voleva significare, nelle
intenzioni di chi aveva pronunciato l’avverbio, “no, per niente”, mentre, come
noto al più distratto tra gli studenti delle superiori, o forse anche delle
medie inferiori, “affatto” significa, in italiano, non è dato sapere in altre
lingue, “del tutto, interamente”. Insomma, l’avverbio in discorso,
contrariamente a quel che si crede, ha valore affermativo, rafforzativo, mai
negativo. Così il Vocabolario Treccani, che cita I Promessi Sposi (la popolazione era giunta, non satolla né
affamata, ma, certo, affatto sprovveduta alla messe del 1628), così, pure,
il Dizionario Italiano on line. Che aggiunge: “Spesso è impropriamente usato
col valore negativo”. Capito? Impropriamente. Ma, si sa, l’ignoranza amalgama,
crea consenso, si sviluppa, non conosce recinti o limitazioni, dato che li
supera senza sforzo. E difatti, il commento del conduttore a quella risposta
polemica, a quell’avverbio usato nel suo significato opposto, è del tipo:
“visto? ti pareva che potevi essere d’accordo?”. L’errore, o l’orrore, ha trovato
dunque, immantinente, la sua conferma, la sua approvazione. Il sigillo
dell’ufficialità, potremmo dire. Gran brutta storia. D’altra parte, nessuno,
tra le tante teste di valore che animavano il dibattito televisivo, ha avuto la
percezione della idiosincrasia linguistica, nessuno che abbia avuto sentore
dell’assurdità logica. La mala pianta dell’ignoranza si sviluppa. La lingua
italiana sta morendo.
Giacinto
Zappacosta
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