Ed eccola, la rocca era lì. Non sapevo esattamente come ci ero arrivato. Avevo sentito come un richiamo, che poi era diventato più sordo una volta arrivato.
Ogni tanto si sentiva il cucumeo di una civetta, ma a parte questo ero avvolto dal silenzio; non un silenzio calmo e piacevole, ma di quelli fastidiosi, che ti riempiono le orecchie fino a farle scoppiare. Qualcosa arrivò. Ma non mi rallegrai. Era un lamento che veniva dalle rocce, ma non uno solo, un coro di lamenti. Inquietante.
La rocca si trovava al centro di un piccolo spiazzo tra la foresta. Era fatta di rocce calcaree e al di sopra c’era una finestrella di ferro, sbarrata come quella delle prigioni.
Faceva freddo, un freddo umido che si attacca e non ti lascia più. Battevo i denti. L’odore cambiava molto tra la foresta e la rocca. Dal punto in cui mi trovavo, si sentivano tutti e due gli odori: l’odore dei salici e dei pini mischiato all’odore di bruciato, come quello della cioccolata calda bruciata di mia sorella. Decisi di entrare. Più mi avvicinavo, più il mio respiro diventava pesante.
Faceva freddo, un freddo umido che si attacca e non ti lascia più. Battevo i denti. L’odore cambiava molto tra la foresta e la rocca. Dal punto in cui mi trovavo, si sentivano tutti e due gli odori: l’odore dei salici e dei pini mischiato all’odore di bruciato, come quello della cioccolata calda bruciata di mia sorella. Decisi di entrare. Più mi avvicinavo, più il mio respiro diventava pesante.
Cecilia Zappacosta
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