giovedì 19 febbraio 2015

“Guarda che a Vasto i politici non sono abituati al rapporto con la stampa”


Per un pacifico e amicale rapporto tra istituzioni e cronisti

È la nuova categoria socio-culturale, o forse solo un vano, e vacuo, espediente propagandistico, un debole mezzo per tentare di allontanare da sé critiche e accuse. La “stampa disonesta”, a questo punto, ossessivamente indicata da Lapenna come causa di tutti i mali, va avanti per la sua strada, passo fermo e testa alta. Intanto, una breve annotazione: quando Berlusconi grida al complotto mass-mediatico, a sinistra si invoca la resistenza contro il tiranno pronto ad usare la museruola, mentre il sindaco nostro, che è appunto di sinistra, non si rende conto di imitare, per mimesi e per metessi, il più noto cittadino di Arcore. Quando cominciai a scrivere su un giornale, tanto tempo fa, il mio capo-redattore, una donna, mi disse: “Guarda che a Vasto i politici non sono abituati al rapporto con la stampa”. Passato un terzo di secolo, la situazione non si è evoluta. I nostri rappresentanti, fatte le dovute eccezioni, prediligono un rapporto amicale col cronista, che vorrebbero ben volentieri degradare a mero reggi-microfono, uno che non fa troppe domande, soprattutto quelle scomode, quelle impertinenti, uno che non va a spulciare le carte. Lapenna ha qualche problema con quotidiani, siti e blog: non sopporta, si infastidisce, non si riconosce in una situazione nella quale ognuno, nei limiti stabiliti dal codice penale, scrive quello che vuole. Ma la “stampa disonesta” non è solo questo, non è un rozzo sfogo contro il potente di turno; è anche studio, passione, capacità, impegno, articoli che hanno una loro valenza. Chi non se la sente di stare dentro queste regole può anche farsi da parte.


Giacinto Zappacosta

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