sabato 21 novembre 2015

RIPROPONGO. PUO' ESSERE UTILE

E’ successo ancora. Nella città pakistana di Lahore, con due attentati suicidi in una chiesa cattolica ed una protestante, sono stati trucidati 15 cristiani, settantotto sono i feriti, di cui una trentina in gravi condizioni. La rivendicazione non si è fatta attendere: è stata firmata dal  gruppo talebano pachistano Jamaat-ul-Ahrar. Questa volta, però, la reazione di papa Francesco è stata dura: accanto al dolore per le vittime innocenti, ha denunciato  ad alta voce: “…il mondo cerca di nascondere questa persecuzione contro i cristiani”. Cosa c’è dietro la denuncia del Papa?
Il numero dei cristiani perseguitati nel mondo oscilla tra 100 e 150 milioni. Questa cifra, in continuo aumento, fa del cristianesimo, oggi, la religione più perseguitata del pianeta (cfr, “Il libro nero della condizione dei cristiani nel mondo”, Mondadori, 2014). Eppure sugli innumerevoli casi di eccidi, attentati, rapimenti di religiosi o di fedeli cristiani, stranamente si stende velocemente una larga coltre di silenzio: vengono sì riferiti i fatti, ma spesso senza sottolineare la sistematica persecuzione dei cristiani a causa della  loro fede. Significativo il racconto di mons. Dominique Rèzeau: “Giunto a Tripoli , dopo il recente omicidio di cristiani egiziani, gli unici a farsi vedere sono stati gli ambasciatori  di Svizzera e Austria. Il rappresentante delle Nazioni Unite ha scritto un vago comunicato  di condanna della violenza, senza tuttavia menzionare che l’atto era stata commesso contro i cristiani, e in quanto tali” (ib. “Il libro nero…”).
E allora perché questo silenzio e queste omissioni su fatti accertati e diffusi? Eppure spesso  si tratta di delitti efferati contro donne e bambini, vere e proprio torture, come la pratica di cancellare con l’acido il segno di croce che quei cristiani si stampano sul dorso della mano…Persecuzioni consumate in larga parte del mondo. Quando gli occidentali sentono parlare di persecuzioni contro i cristiani pensano magari al solo conflitto culturale con l’Islam radicale. Ma quel radicalismo è solo uno degli artefici a livello mondiale dell’odio anticristiano: l’eventuale scomparsa del fondamentalismo islamico non salverebbe i cristiani vietnamiti perseguitati dallo Stato, né gioverebbe ai cristiani di alcune zone dell’America latina presi di mira dai narcotrafficanti. Insomma se è vero che ci sono più episodi di persecuzione riconducibili all’islamismo radicale, non vanno dimenticate  le persecuzioni perpetrate da altri soggetti religiosi e non, si pensi per esempio alla “chiesa del silenzio” cinese.  
Molti autori cristiani hanno sottolineato il carattere “politico” di questa spesso incomprensibile indifferenza. Insomma non sarebbe  il caso di “urtare la suscettibilità della Cina” e dei tanti partner commerciali con l’Occidente o rischiare una violenta ritorsione di gruppi di talebani capaci di colpire ovunque. Più semplicemente alcuni cristiani sono riluttanti a palare apertamente delle difficoltà che incontrano i cristiani nelle società islamiche per timore, addirittura, di innescare uno “scontro di civiltà”. Eppure non c’è  neppure bisogno di essere cristiani per considerare la persecuzione anticristiana un tema urgente nell’ambito dei diritti umani. Negli anni sessanta e settanta non c’era bisogno di essere ebreo per interessarsi alla sorte degli ebrei dissidenti in URSS; né bisognava essere neri per provare indignazione verso l’apartheid in Sudafrica e si possono fare tanti esempi analoghi. Ciò che si chiede, almeno, è una mobilitazione dell’opinione pubblica, un dibattito ampio e senza veli su quanto sta accadendo, un interessamento dei grandi organismi internazionali per i diritti umani perché cessi questa indifferenza, questa acquiescenza passiva alla condizione di dolorosa emarginazione dei cristiani in tanti Paesi del mondo.
 E’ vero, come diceva Tertulliano, che “Sanguis Mathirum Semen Christianorum”, ma almeno che non si “semini” a causa della nostra indifferenza.

NICOLANGELO D’ADAMO

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