mercoledì 2 dicembre 2015

CAPRE E INTIMIDAZIONI

Quante storie per un accento

La sub-cultura dell’anonimato avanza, non conosce ostacoli, fa di continuo proseliti. Una volta, come spiegò il principe di Metternich, erano le idee a non conoscere recinti ( “li scavalcano”), ma almeno erano idee, quelle dei rivoluzionari ottocenteschi, con tanto di nome. E cognome, soprattutto. Che posso dire? Anche a me capita, da un po’ di tempo a questa parte, di ricevere comunicazioni anonime, inviatemi, intuisco, per intimorirmi. Ma io, direbbe Totò, “non mi intimido” e vado avanti lo stesso. Scrivo, perché mi piace scrivere, specialmente, come su Piazza Rossetti, quando posso farlo in assoluta libertà. Ma già il fatto di scrivere suscita rancori, gelosie, piccole e grandi invidie, contorcimenti di viscere, e allora giù offese, parole prive di senso, atteggiamenti provinciali tra i più squallidi, e via bestemmiando. Il tutto in un italiano periclitante e in forma strettamente anonima, come è ovvio che sia. E poi l’interlocutore (o interlocutrice) ti chiama maleducato perché scrivi “prefica”: è un problema d’accento.

Giacinto Zappacosta 


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