martedì 9 febbraio 2016

LE FOIBE E RENZI, UN OSSIMORO

Ci accingiamo, anche ai più alti  livelli istituzionali, a commemorare le foibe, o meglio l'immane vicenda conclusasi tragicamente nelle cavità della terra dove il maresciallo Tito, comunista, non dimentichiamolo, tanto riverito dai nostri politici dell'epoca, faceva seppellire, spesso vivi, i nostri connazionali, rei solo di essere tali. L'Italia e l'italianità come peccato mortale. Sempre più rari, e sempre più ridicoli, destinati comunque all'estinzione, i coglioni, che non mancano mai, parlano della necessità, dovendo dare una chiave di lettura storica di quei fatti, di 'contestualizzare'. Ora, siccome viviamo nel fluire degli accadimenti umani, ogni fatto, di per sé, va collocato nell'alveo della storia. Anche i campi di concentramento, di qualsiasi tipo, teorizzati da qualsivoglia regime, vanno studiati in afferenza a quel dramma umano che si chiama storia. Ma non fino al punto di degradare lo studio alle estreme conseguenze dell'indifferentismo morale e dell'accettazione prona di ogni accadimento, avendo chiara nella nostra mente l'idea, basilare, che non esistono morti privilegiati e vittime di second'ordine. In tal senso, dobbiamo dire, dobbiamo rimarcare, che la vicenda degli infoibati non va dimenticata. Il resto sono tutte chiacchiere che offendono la nostra memoria collettiva, oltre che la verità. A proposito di coglioni. Mi chiedo quale possa essere la valenza di una commemorazione, di qui a breve, proveniente da un Renzi (farà a meno di apparire in tv?) nella cui testa c'è tale confusione storica, Porta a Porta docet, da aver proclamato essere stata l'Istria terra di conquista da parte dell'Italia, e nel cui animo vedo slanci morali ridotti al lumicino. Speriamo che Mattarella, quel giorno, gli imponga il silenzio.

Giacinto Zappacosta

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