Spostare la frontiera del
progressismo dallo scenario sociale a quello antropologico-sessuale,
distogliere l’attenzione sui diritti negati, quelli veri, in materia di lavoro,
occupazione, sostegno alle famiglie, ai bisognosi, prospettando al contempo il
traguardo evolutivo dell’accoppiamento di un certo tipo. Un brutto tipo,
aprendolo artificialmente, fittiziamente, alla procreazione, come un gioco. Le piazze
sono vuote, per il passeggio, figuriamoci per le manifestazioni di massa, ma si
riempiono, in qualche angolo a favore di una telecamera che ti moltiplica le
presenze, per chiedere che l’Italia si adegui. Lo chiede l’Europa, la stessa
Europa che sta massacrando l’agricoltura italiana, che ci ordina di liberare la
Puglia dagli ulivi, che ci ha imposto una moneta infame. Quando il disegno di
legge non sarà più solo un disegno, qualcuno (Renzi) spiegherà al popolo, che
ormai non è più popolo, ma un insieme amorfo di persone, che l’obiettivo è stato
raggiunto, che possiamo definirci civili, evoluti, alla pari con gli altri. Faremo festa. La corsa
sarà allora alla ricerca dell’utero, quell’organo per il quale le femministe (dove sono? tutte in pelliccia?) si battevano in estenuanti guerre ideologiche, utero che possa ospitare lo sperma. Nove mesi dopo, il percorso
inverso, col pupo in braccio. La donna ridotta a recipiente atto a contenere il
seme, l’uomo degradato a insetto impollinatore. I polli d’allevamento che
eravamo nella definizione sconsolata di Pasolini sono una evoluzione rispetto
al rimbambimento di una coscienza ormai persa. Il pancione di una donna è bello,
è ammirabile perché rimanda ad un progetto, ad una storia d’amore. Avete rovinato
anche questo. Aspettiamo il prossimo scenario, la prossima tappa verso una ὕβϱις
completa, a livello planetario.
g.z.
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