mercoledì 28 settembre 2016

LEZIONI DI RETORICA / 7


L’ipallage

Questa figura retorica, come ci dice l’origine greca del nome, indica uno scambio, un passaggio. Andiamo subito ad un esempio. ‘Ma io deluse a voi le palme tendo’. Il verso foscoliano, tratto da ‘In morte del fratello Giovanni’, indimenticabile sonetto tuttora presente in chi lo ha mandato a memoria, esprime l’immagine dell’esule che tristemente anela agli affetti familiari. È appena il caso di sottolineare come la delusione sia insita nell’animo del poeta, non già nelle palme, cioè nelle mani, idealmente tese ad abbracciare i propri cari. Nel che è evidente il passaggio, appunto, che dà colore e intensità al poetare, di un sentimento riferito a quel gesto anziché, come è nella realtà, alla psiche dell’individuo. Quindi l’ipallage è una diversione nell’uso dell’aggettivo qualificativo, concordato con un elemento della proposizione diverso rispetto a quello cui si riferisce da un punto di vista strettamente logico. Gli studiosi, al riguardo, parlano di concordanza con il determinato anziché col determinante o viceversa. Ma non spingiamoci oltre.  Piuttosto, ad un lettore attento non sarà sfuggito un altro particolare, cioè che nel verso in esame l’uso del sostantivo ‘palme’, a sua volta, rientri nella sineddoche, figura analizzata in una precedente lezione. Altro esempio di ipallage è nella poesia ‘Pianto antico’ di Giosuè Carducci, nella quale ‘la pargoletta mano’ dice molto all’animo di chi legge. O ancora, nell’Eneide Virgilio ci regala la felice espressionealtae moenia Romae’. Alla prossima. Parleremo dell’enallage.

Giacinto Zappacosta

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