martedì 13 dicembre 2016

IL DESERTO DEI BARBARI


Anche Buzzati sparava cazzate

Sotto sotto, cova come la cenere. Quell’aninus diffamandi, quella naturale inclinazione ad offendere gli Italiani del Sud, l’unica etnia non protetta dal politicamente corretto, quella tentazione di colorire il discorso con riferimenti, i soliti, dettati dal malanimo e da un provincialismo che sta soffocando questa sventurata Nazione. E parlo della Nazione italiana. Dino Buzzati nacque all’inizio del secolo scorso nel Bellunese, per la precisione a San Pellegrino. Romanziere interessante e fuori dagli schemi, ha scritto cose notevoli (Il deserto dei Tartari era la lettura d’obbligo di noi adolescenti), ma anche cose di scarso rilievo, o comunque racconti che appaiono come propedeutici ad opere meglio riuscite, non altro. Ad ogni modo, la Mondadori (l’ultima ristampa è del 2008) ha ritenuto di raccogliere, sotto il titolo La boutique del mistero, i racconti minori dello scrittore e giornalista. Eccone uno stralcio: “Si era evidentemente appoggiata alla sbarra per godersi la vista del nostro treno, superdirettissimo, espresso del nord, simbolo per quelle popolazioni incolte, di miliardi, vita facile, avventurieri, splendide valige di cuoio, celebrità, dive cinematografiche” (pag. 127). Quelle popolazioni incolte, capito? Si parla del Sud, ovvio. Al di là della punteggiatura un po’ traballante, Buzzati non ha potuto fare a meno di inoltrarsi nell’arido sentiero dello squallore. Peccato.



Giacinto Zappacosta 

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