lunedì 16 gennaio 2017

MORIRE DA PATRIOTA A VENT'ANNI

Fu, e per noi, pochi, che vivemmo quel periodo, è tuttora un patriota.
Jan Palach si diede fuoco, il 16 gennaio 1969, in piazza San Venceslao a Praga. Morì ventenne dopo tre giorni di agonia. 
Il sacrificio del giovane studente di filosofia segna il punto più alto della resistenza cecoslovacca contro l'invasione delle truppe del patto di Varsavia (leggasi: Unione Sovietica).
Mutata la geografia, variata la toponomastica, rimane il gesto estremo di un ragazzo che nulla poteva opporre se non la propria auto-dissoluzione, baluardo tenue, all'apparenza, contro i carri armati. Eppure, talora la morte assume contorni particolari, imprevisti, che danno significato a ciò che altrimenti è il nulla. La sequela di ragazzi che si tolsero la vita segnò, se non altro, al cospetto del mondo, il confine netto tra ideale e reale, tra giustizia e ingiustizia, tra valore e disvalore. Soprattutto, tra libertà, che è il bene assoluto, il presupposto, e la sua negazione.
Non sapremo mai da dove l'uomo tragga la forza, il coraggio, l'intima energia per portare ad estreme conseguenze l'imperativo morale che avverte in sé, ma possiamo senz'altro constatare come la figura del martire costelli da sempre la storia dell'umanità. Nella consapevolezza che gli eroi saranno sempre necessari.

Giacinto Zappacosta

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