lunedì 2 gennaio 2017

PERCHE'?

Di una certa indolenza, sociologicamente tipizzante, parla Giacinto Peluso nella sua "Storia di Taranto" (Scorpione editrice, Taranto, 2005). Ne consiglio lo studio e la lettura. Con qualche limite di stile e di impostazione (ad esempio, manca qualsiasi riferimento alle insorgenze anti-napoleoniche e al brigantaggio), è un utile strumento di divulgazione. Per parte mia, l'ho sempre detto. L'ho anche scritto. Il problema di Taranto non è l'lva, il problema di Taranto coincide con la grave inciviltà dei Tarantini. Per i quali le minimali regole di buona educazione costituiscono un fardello di cui liberarsi. Non si tratta di un fatto episodico legato ai festeggiamenti del capodanno, ma di un malcostume elevato a sistema: per i Tarantini insozzare le strade, parcheggiare in doppia e terza fila è un fatto antropologico.
Senza tanti giri di parole: il tarantino è così, si contraddistingue per quello che vediamo in giro soprattutto in queste ore, come testimoniato dalle foto pubblicate su fb, alle quali rimando; il cittadino di Taranto, in quanto tale, sporca. Sporca la sua città, della quale non frega niente a nessuno, depositando, senza che questo indigni alcuno, cicche di sigarette per ogni dove, cartacce e immondizia di ogni tipo. Avete presente in che città viviamo? In via Cesare Battisti, una delle arterie principali, la corsia di sinistra, riservata alla circolazione a senso unico, è lo spazio per i parcheggi in seconda o anche terza fila, mentre la corsia di destra, destinata alla circolazione degli autobus, è invasa da tutti i veicoli. L’ovvia conseguenza è che, specie all’ora di punta, gli autobus fanno fatica a muoversi in un traffico impazzito. Il tutto in un frastuono perenne di clacson e bestemmie. Tutto questo, e siamo al punto dolente, vissuto come irreversibile normalità. Così come è nomale, in una ipocrisia irritante, ammonticchiare ogni sorta di rifiuti (visto da me, per esempio, in via Pisanelli) appena al di là del marciapiede, sul ciglio della strada, a pro degli addetti che una volta al mese transitano per le pulizie. Normale è anche premurarsi di gettare i pacchetti delle sigarette nelle aiuole degli alberi, come se fosse più fine, ma sicuramente meno agevole per l’operatore ecologico che deve ramazzare. È civile, cari Tarantini, fumare sugli autobus nell’indifferenza di tutti? Lasciare i rimasugli dei cibi destinati ai gatti randagi sotto le colonne doriche? Usare i marciapiedi per il transito di bici e moto? Questa è la vita a Taranto, una indecenza quotidiana annaffiata dalla pipì con la quale le mamme invitano i figli ad irrorare i marciapiedi. E non venitemi a parlare di ‘tarantino medio’. Ciò che ho descritto è la tipologia antropologica largamente diffusa, ampiamente maggioritaria e riferibile ad una comunità in quanto tale. Qualche proposta. Intanto, incazziamoci. Forse, è il primo passo. Poi, iniziamo, noi adulti, a non gettare le cicche delle sigarette per strada. Spieghiamo poi a nostri figli chi fosse  Archita e chi fosse Maria d'Enghien. Buon anno, Taranto.    

Giacinto Zappacosta

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