L’occasione era ghiotta. Una bella conferenza stampa, in
pompa magna, avendo di lato, sulla scrivania, quella dalla quale non si schioda
mai, neanche per andare in giro a vedere quello che accade in città, il
reperto, Afrodite. Afrodite d’oro, come la definisce Mimnermo, poeta greco
vero e autentico, che Ippazio Stefàno credo non abbia mai letto.
Poteva essere l’inizio di una bella campagna elettorale a
pro del suo partito e del suo successore. Alla incompetenza, invece, il sindaco di
Taranto ha aggiunto una buona dose di imprudenza e di ingenuità.
Intanto, un
passaggio non è chiaro: a quale titolo il primo cittadino deteneva il (falso) reperto,
poi consegnato a chi di dovere per le opportune verifiche? Maiora premunt, avrà
pensato il sindaco. E quindi le foto assieme alla dea della bellezza, qualche
domanda, qualche risposta a favore di taccuini e microfoni.
Fatto sta che, già ad una prima analisi, cui sono seguiti
più approfonditi accertamenti, la dea abbia perduto gli attributi celestiali,
od olimpici, per assumere quelli, più umani e prosaici, della beffa. Insomma,
Stefàno ha fatto un'autorete. La speranza è che il clamore si
consumi entro le mura cittadine. Brutte figure, grazie a questa classe politica
che detiene il potere, Taranto ne ha già fatte tante a livello nazionale.
Il sindaco, piuttosto che rincorrere i flash dei fotografi,
si preoccupi della casa natale di Paisiello, nella città vecchia, che sta
cadendo a pezzi, faccia un giro nel centro storico per rendersi conto della
fatiscenza di talune abitazioni ridotte a un cumulo di rovine. Soprattutto, si soffermi a considerare come Taranto, questa
bellissima città, stia morendo.
Giacinto Zappacosta
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