Correva il 1982, l’anno della vittoria ai mondiali di Spagna: con un gruppo di amici, nel mese di luglio, una settimana dopo l’urlo storico di Tardelli, cui fece seguito il climax di Nando Martellini ‘campioni del mondo, campioni del mondo, campioni del mondo', mi ritrovai sulla mitica spiaggia (‘spiazza’) di Rimini. Cinque ore di treno, in piedi nel corridoio, senza climatizzatore, che non esisteva, corridoio che era la zona franca dove si poteva fumare, e 301 chilometri percorsi dalla stazione di Vasto, che non era ancora gemellata con San Salvo, a quella di arrivo valevano bene il mare e il sole della capitale europea delle vacanze. Siccome non posso mai fare a meno di farmi i cazzi degli altri, in senso buono, vestii i panni del portavoce e mi avvicinai al bagnino. ‘Buongiorno, vorremmo un ombrellone e tot sede a sdraio‘. Quello ci guarda e, senza esitazione: ‘voi siete ragazzi, ci disse con aria benevola, non vi conviene; prendete i lettini col copri-testa e andate alla grande; se volete l’ombrellone ve lo do, ma spendete molto di più’. Detto, fatto. Il mare era uno schifo in quei giorni, e non facemmo il bagno. L’organizzazione però era, e penso sia, fenomenale. Dappertutto disponibilità, gentilezza ed educazione. Ora, riusciamo ad immaginare la medesima scena iniziale a Vasto Marina? ‘Vorrei un ombrellone’. ‘Uno? Ma no, devi prenderne due’. La differenza è tutta lì.
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