lunedì 1 novembre 2010

IL SINDACO PUO', SE VUOLE, BLOCCARE LA CENTRALE A BIOMASSE

Siamo nelle sue mani

1. Per motivi tecnici.
Il Comune di Vasto ha concesso il 24 luglio 2006 il proprio parere favorevole all’insediamento della centrale a biomasse a Punta Penna, ma solo per motivi tecnici (“vista la conformità dell’insediamento con i piani regolatori” ), ed esprimendo “perplessità” . La Giunta comunale era insediata da appena un mese, e probabilmente non poteva fare di più. Però solo dieci giorni dopo il Sindaco e l’assessore Suriani hanno rivenduto ai giornali il parere appena reso (ripetiamo: favorevole) come: “netta contrarietà” . Da allora né il Sindaco, né l’assessore Suriani, né alcun altro si è più curato di proporre una sia pur modesta variante ai piani regolatori suddetti (l’Assessore si riferiva probabilmente al PRT del COASIV).
Eccoci dunque, oggi, con lo stesso problema del Luglio 2006, ancora di fronte alla stessa conferenza dei servizi. Presumibilmente per gli stessi motivi tecnici di allora –(“l’inefficacia del parere del Comune” , secondo quanto si apprende dai giornali)- tutti i gruppi politici presenti in Consiglio comunale (o quasi tutti), nella riunione dello scorso martedì 19, hanno espresso sì una certa contrarietà all’impianto, ma non l’hanno tradotta in nessun documento ufficiale. Insomma, vorrebbero ma non possono. Per motivi tecnici.

2. Una norma di cui nessuno sa nulla.
Quanti consiglieri ci sono in Consiglio comunale? E quanti tecnici e avvocati nei partiti locali? E quanti nell’Ufficio legale del Comune? Possibile che nessuno si sia accorto che, a norma del D.Lgs. 59/2005 e ai fini del rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale, è espressamente richiesto (nei casi, come il presente, riguardanti le industrie insalubri di I classe, tra cui le centrali a biomasse) il parere del Sindaco in relazione agli articoli 216 e 217 del Testo Unico delle Leggi Sanitarie ? Non si tratta di una questione secondaria, né di un cavillo. È precisamente la norma di legge che risponde a una preoccupazione diffusa tra la popolazione in ordine alla compatibilità dell’impianto nei confronti dell’ambiente, e di conseguenza sulla salute pubblica. Che nessuno ne sapesse nulla è una circostanza ai limiti del credibile, e rende semmai la misura della qualità del ceto politico locale.
Nel caso di industrie insalubri di I classe, dunque, in base all’art. 216 “il Sindaco, quando lo ritenga necessario nell'interesse della salute pubblica, può vietarne l'attivazione o subordinarla a determinate cautele”. “Quando lo ritenga necessario”: diverse sentenze del Consiglio di Stato riconoscono infatti al Sindaco “un’ampia potestà di valutazione della tollerabilità o meno delle lavorazioni” in oggetto. Una potestà che altrove è stata in numerosi campi ampiamente esercitata, e di recente proprio in un caso del tutto simile al nostro. Nel gennaio 2009, richiamandosi alle norme suddette, e adducendo un’autonoma valutazione sull’impatto sanitario ed ambientale dell’impianto , il Sindaco di Pontinia (LT) ha espresso in sede di conferenza di servizi parere negativo all’installazione in quel comune di una centrale a biomasse. “Il parere negativo reso dal sindaco”, ha scritto il TAR del Lazio respingendo il ricorso presentato dalla società titolare del progetto “ha sostanziale connotazione di dissenso correlato alla tutela di un interesse sensibile ed implica la conclusione del procedimento”. Tanto è bastato a fermare la procedura di autorizzazione.
Tanto basterebbe oggi anche da noi.

3. Oltre l’emergenza.
Detto questo, ci sia consentita una breve considerazione di carattere politico-amministrativo.
Quella presente è un’emergenza che ha naturalmente una sua specificità, ma anche una forma tipica simile a tante altre passate e (presumibilmente) future: è un conflitto tra un interesse privato e particolare contro un interesse generale e diffuso. Chi –come noi- si schiera in difesa di quest’ultimo, supplisce a una funzione tipica dell’Amministrazione pubblica, che per l’appunto dovrebbe difendere il pubblico interesse, ed è invece (più o meno) assente. Non ci sarebbero queste continue emergenze se ci fosse una seria politica di programmazione territoriale.
Sotto questo aspetto il nostro ceto politico è gravemente carente. Da anni, e a vari livelli, sta perdendo un’occasione dopo l’altra per compiere finalmente delle scelte, anzi per dare finalmente attuazione a scelte che esso stesso –sulla carta- ha compiuto.
La mancata variante al PRT (di cui abbiamo detto al §1); la mancata perimetrazione, ferma quasi da un decennio, del Parco Nazionale; la mancata attuazione del Piano Territoriale delle Attività Produttive (adottato nel marzo 2006) ne sono –per limitarci solo all’argomento in questione- tre esempi significativi. L’attuazione anche di una sola di queste azioni avrebbe evitato la situazione presente.
Occorrerebbe una svolta, prima che politica, culturale.

1 novembre 2010
Associazione civica Porta Nuova – Vasto
www.portanuovavasto.altervista.org

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