Il diritto alla vita non è una concessione dello Stato
SIR 19-06-2009.- I vescovi spagnoli, riuniti in questi giorni a Madrid nella CCXIII riunione della Commissione episcopale permanente, hanno approvato una dichiarazione “Sul disegno di legge dell’aborto: attentare alla vita nascente convertito in diritto”. Per i vescovi, l’aspetto più triste del ddl è “la pretesa di qualificare l’aborto come un diritto che dovrebbe essere dallo Stato”. Il ddl, ricordano i presuli, stabilisce un primo termine di quattordici settimane entro il quale “la madre diventa arbitro assoluto della vita o della morte del figlio che porta in grembo”. “Tuttavia – proseguono – il diritto alla vita non è una concessione dello Stato, è un diritto anteriore allo Stato stesso e questo ha il dovere di tutelarlo. Invece, non ha autorità per stabilire un termine entro cui la pratica dell'aborto smetterebbe di essere un attentato contro il diritto alla vita”.
Abortire, avvertono i vescovi, “non è mai curare, è sempre uccidere”. Perciò, “un’autentica politica sanitaria deve tener in conto la salute della madre, ma anche la vita e la salute del nascituro”. Un altro rischio evidenziato dai vescovi è che il considerare l’aborto una “prestazione assistenziale per la salute bio-psico-sociale della gestante, a cui questa avrebbe un supposto diritto” apre la via ad ostacolare l’obiezione di coscienza di ginecologi e operatori sanitari contrari all’aborto.
Non solo: con questo ddl “si nega o svaluta l’essere umano per cercare di giustificare la sua eliminazione”, dichiarano i vescovi spagnoli. E poi questo progetto non manifesta interesse reale per il bene delle donne tentate di abortire e, specialmente, delle più giovani”. Si limita, piuttosto a sgombrare la strada verso l'abisso morale e la sindrome post-aborto”. Un ringraziamento va, invece, a quelle organizzazioni, ecclesiali o civili, che s’impegnano per sostenere le gestanti, come è coraggiosa la testimonianza delle donne vittime dell'aborto che aiutano la società a capire quale sofferenza c’è dietro questo gesto. “Le donne che si trovano in questa dolorosa situazione troveranno sempre nella Chiesa un luogo di misericordia e consolazione”.
Il ddl, continuano i vescovi spagnoli, “presenta l'aborto come se fosse un affare privato legato praticamente solo alla decisione individuale della gestante. Ma eliminare una vita umana non è mai un affare puramente privato”. Al contrario, “si tratta di un atto di grande importanza pubblica. La vita dei nascituri è un fondamentale elemento costitutivo del bene comune che merita speciale protezione e promozione”. Si dovrebbero, dunque, portare in avanti politiche di protezione della maternità/paternità, molto arretrate rispetto a quelle dei paesi circostanti la Spagna.
“Si commette l'ingiustizia di imporre una determinata educazione morale sessuale, che, inoltre, per essere abortista e ‘di genere’, neanche sarà efficace né come vera educazione né come via di prevenzione dell'aborto”, denunciano i vescovi. Il Vangelo della vita “proclama che ogni essere umano che viene a questo mondo non è nessun prodotto del caso né delle leggi cieche della materia, bensì un essere unico, capace di conoscere e di amare il suo Creatore, precisamente perché Dio l'ha amato da sempre per se stesso. Ogni essere umano è, perciò, un dono sacro per i suoi genitori e per tutta la società” e “la sua vita non può rimanere soggetto all'arbitrio di nessuno, nemmeno dello Stato, il cui compito più basilare è precisamente garantire il diritto di tutti alla vita, come elemento fondamentale del bene comune”.
“Parliamo – concludono i vescovi- a favore di chi ha diritto a nascere e a essere accolti dai genitori con amore; a favore delle madri che hanno diritto a ricevere l'aiuto sociale e statale necessario per evitare di abortire; a favore della libertà dei genitori e delle scuole che collaborano con essi per dare ai figli una formazione affettiva e sessuale in accordo con alcune convinzioni morali li preparino ad essere genitori e accogliere il dono della vita; a favore di una società che ha diritto a contare su leggi giuste che non confondano l'ingiustizia con il diritto”.
SIR 19-06-2009.- I vescovi spagnoli, riuniti in questi giorni a Madrid nella CCXIII riunione della Commissione episcopale permanente, hanno approvato una dichiarazione “Sul disegno di legge dell’aborto: attentare alla vita nascente convertito in diritto”. Per i vescovi, l’aspetto più triste del ddl è “la pretesa di qualificare l’aborto come un diritto che dovrebbe essere dallo Stato”. Il ddl, ricordano i presuli, stabilisce un primo termine di quattordici settimane entro il quale “la madre diventa arbitro assoluto della vita o della morte del figlio che porta in grembo”. “Tuttavia – proseguono – il diritto alla vita non è una concessione dello Stato, è un diritto anteriore allo Stato stesso e questo ha il dovere di tutelarlo. Invece, non ha autorità per stabilire un termine entro cui la pratica dell'aborto smetterebbe di essere un attentato contro il diritto alla vita”.
Abortire, avvertono i vescovi, “non è mai curare, è sempre uccidere”. Perciò, “un’autentica politica sanitaria deve tener in conto la salute della madre, ma anche la vita e la salute del nascituro”. Un altro rischio evidenziato dai vescovi è che il considerare l’aborto una “prestazione assistenziale per la salute bio-psico-sociale della gestante, a cui questa avrebbe un supposto diritto” apre la via ad ostacolare l’obiezione di coscienza di ginecologi e operatori sanitari contrari all’aborto.
Non solo: con questo ddl “si nega o svaluta l’essere umano per cercare di giustificare la sua eliminazione”, dichiarano i vescovi spagnoli. E poi questo progetto non manifesta interesse reale per il bene delle donne tentate di abortire e, specialmente, delle più giovani”. Si limita, piuttosto a sgombrare la strada verso l'abisso morale e la sindrome post-aborto”. Un ringraziamento va, invece, a quelle organizzazioni, ecclesiali o civili, che s’impegnano per sostenere le gestanti, come è coraggiosa la testimonianza delle donne vittime dell'aborto che aiutano la società a capire quale sofferenza c’è dietro questo gesto. “Le donne che si trovano in questa dolorosa situazione troveranno sempre nella Chiesa un luogo di misericordia e consolazione”.
Il ddl, continuano i vescovi spagnoli, “presenta l'aborto come se fosse un affare privato legato praticamente solo alla decisione individuale della gestante. Ma eliminare una vita umana non è mai un affare puramente privato”. Al contrario, “si tratta di un atto di grande importanza pubblica. La vita dei nascituri è un fondamentale elemento costitutivo del bene comune che merita speciale protezione e promozione”. Si dovrebbero, dunque, portare in avanti politiche di protezione della maternità/paternità, molto arretrate rispetto a quelle dei paesi circostanti la Spagna.
“Si commette l'ingiustizia di imporre una determinata educazione morale sessuale, che, inoltre, per essere abortista e ‘di genere’, neanche sarà efficace né come vera educazione né come via di prevenzione dell'aborto”, denunciano i vescovi. Il Vangelo della vita “proclama che ogni essere umano che viene a questo mondo non è nessun prodotto del caso né delle leggi cieche della materia, bensì un essere unico, capace di conoscere e di amare il suo Creatore, precisamente perché Dio l'ha amato da sempre per se stesso. Ogni essere umano è, perciò, un dono sacro per i suoi genitori e per tutta la società” e “la sua vita non può rimanere soggetto all'arbitrio di nessuno, nemmeno dello Stato, il cui compito più basilare è precisamente garantire il diritto di tutti alla vita, come elemento fondamentale del bene comune”.
“Parliamo – concludono i vescovi- a favore di chi ha diritto a nascere e a essere accolti dai genitori con amore; a favore delle madri che hanno diritto a ricevere l'aiuto sociale e statale necessario per evitare di abortire; a favore della libertà dei genitori e delle scuole che collaborano con essi per dare ai figli una formazione affettiva e sessuale in accordo con alcune convinzioni morali li preparino ad essere genitori e accogliere il dono della vita; a favore di una società che ha diritto a contare su leggi giuste che non confondano l'ingiustizia con il diritto”.
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