martedì 31 gennaio 2012

VITE PARALLELE DI DUE PARTITI

Tra oligarchie e solipsismi, sta andando a farsi benedire quel po’ di buono che rimane

Il termine da me usato, tempo addietro, era forse sbagliato. Avevo definito “apodittico” un intervento del preside D’Adamo, aggettivo che nella mente dei più richiama un qualcosa di scontato. Volevo significare evidentemente altro, e comunque l’insieme del “pezzo” diceva con esattezza il mio pensiero, cioè che l’amico Nicolangelo ha il pregio di chiamare le cose col proprio nome, di dire pane al pane e vino al vino, di rifuggire dalla falsa e vuota retorica politica, tra l’altro, in questa fase storica, di pessima qualità. Insieme a Ivan Aloè, dunque, il Preside ha affidato a siti e blog cittadini alcune considerazioni interessanti, che rimandano ad una tendenza in atto a Vasto, ma temo non solo a Vasto, a modificare geneticamente i partiti, facendone un gruppo ristretto al servizio degli interessi di pochi, gli oligarchi, appunto. In buona sostanza, dicono D’Adamo e Aloè, il dubbio è che il Pd vastese, in riferimento alle ultime vicende, preferisca un numero di iscritti minore in vista di un raggruppamento “docile e compatto”. Col che siamo ad uno stravolgimento di quella logica, a prima vista l’unica, che vorrebbe un partito desideroso di nuovi iscritti, impegnato nella ricerca di adesioni. No, meglio essere in pochi, meglio evitare il fastidio di un congresso cittadino affollato di teste e di idee, magari di qualche rompicoglioni che ti fa saltare gli equilibri interni (e anche quelli interiori). “Il partito va al confronto interno, le varie anime hanno trovato una sintesi dopo ampia discussione” sono espressioni, forse un po’ ipocrite, preferibili all’attuale stato di cose, che non fanno più breccia. Mettiamola così: alla retorica dell’assemblea si va sostituendo la precettistica definita inter amicos (di solito due o tre). Per toglierci ogni dubbio, guardiamo un attimo dall’altra parte della barricata (ne ho scritto spesso, ne scriverò ancora, in ogni caso senza risultato), guardiamo a quel Pdl locale e ai termini nei quali è ridotto: anche qui, in fin dei conti, vale la regola del “pochi e contenti”, quella logica aberrante che ha portato il partito al 12% dei consensi. Ed è una situazione che, vista da Chieti, funziona. Forse ha ragione Massimo Desiati quando dice che dove arrivano le segreterie dei partiti, finisce la politica. Vale a sinistra, vale a destra.

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