Non sarà sfuggito agli attenti
lettori dei quotidiani la notizia, per taluni versi incredibile, che
l’Episcopato Tedesco ha deciso, con l’avallo del Vaticano, di escludere dai
Sacramenti coloro che si rifiutano di pagare l’equivalente dell’8 per mille
italiano alla Chiesa cattolica tedesca. Secondo le leggi di quel Paese, infatti,
ogni cittadino credente deve sostenere la propria Chiesa con ritenute sulla
busta paga non essendo previste sovvenzioni, di nessuna natura, alle Chiese da
parte dello Stato. Si può evitare di pagare quel contributo solo dichiarando di
non essere più credenti. Lo scorso anno si sono avvalsi in 162.000 di questa
facoltà riducendo drasticamente le entrate della Chiesa cattolica. A questa
emorragia, che dura da alcuni anni, ha cercato di porre riparo l’episcopato con
la drastica decisione, più volte sollecitata alle gerarchie vaticane ed infine
ottenuta, di escludere dai Sacramenti coloro che si fossero avvalsi di quella
possibilità (evidentemente dispongono degli elenchi dei transfughi, suddivisi per parrocchie e
quindi possono subito individuarli).
Il Diritto Canonico elenca i casi in cui è prevista l’esclusione dai Sacramenti, per esempio
scomunicati, divorziati, pubblici concubini
ecc., ma neppure nei secoli bui della vendita delle indulgenze si era
pensato di negare la comunione o la confessione a chi si rifiuta di pagare
l’obolo.
Non so come il Vaticano abbia
conciliato il Vangelo con la vendita dei Sacramenti. Provo soltanto tanta
amarezza e sconforto e mi consolo con il grande insegnamento evangelico:
“Mutuum Date Nihil Inde Sperantes (Lc VI,35).
Nicolangelo D’Adamo
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