domenica 23 settembre 2012

I SACRAMENTI A PAGAMENTO


Non sarà sfuggito agli attenti lettori dei quotidiani la notizia, per taluni versi incredibile, che l’Episcopato Tedesco ha deciso, con l’avallo del Vaticano, di escludere dai Sacramenti coloro che si rifiutano di pagare l’equivalente dell’8 per mille italiano alla Chiesa cattolica tedesca. Secondo le leggi di quel Paese, infatti, ogni cittadino credente deve sostenere la propria Chiesa con ritenute sulla busta paga non essendo previste sovvenzioni, di nessuna natura, alle Chiese da parte dello Stato. Si può evitare di pagare quel contributo solo dichiarando di non essere più credenti. Lo scorso anno si sono avvalsi in 162.000 di questa facoltà riducendo drasticamente le entrate della Chiesa cattolica. A questa emorragia, che dura da alcuni anni, ha cercato di porre riparo l’episcopato con la drastica decisione, più volte sollecitata alle gerarchie vaticane ed infine ottenuta, di escludere dai Sacramenti coloro che si fossero avvalsi di quella possibilità (evidentemente dispongono degli elenchi  dei transfughi, suddivisi per parrocchie e quindi possono subito individuarli).
Il Diritto Canonico elenca  i casi in cui è prevista  l’esclusione dai Sacramenti, per esempio scomunicati, divorziati, pubblici concubini  ecc., ma neppure nei secoli bui della vendita delle indulgenze si era pensato di negare la comunione o la confessione a chi si rifiuta di pagare l’obolo.
Non so come il Vaticano abbia conciliato il Vangelo con la vendita dei Sacramenti. Provo soltanto tanta amarezza e sconforto e mi consolo con il grande insegnamento evangelico: “Mutuum Date Nihil Inde Sperantes (Lc VI,35).

Nicolangelo D’Adamo

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