Non solo Magna Grecia, ma tanto altro ancora. Certo, la città di Taranto deve molto alle sue origini
elleniche (fu fondata dagli Spartani nel 706
a.C.), che costituiscono il presupposto, possiamo dire, del suo successivo
sviluppo. La stessa parlata risente di quella lontanissima impronta, essendo il
dialetto locale un misto di greco e latino. Ma Taranto offre al visitatore molto altro ancora: per chi giunge in
auto da nord, da Bari, è preferibile percorrere la città vecchia, che ti accoglie con i suoi palazzi antichi, le sue
chiese e le sue viuzze, il castello,
i resti del tempio dorico, soprattutto
con la sua caratteristica di essere un’isola. Sì, un centro storico, che si
sviluppa attorno al Duomo, intitolato
a San Cataldo, il patrono, adagiato
su un’isola. Più a largo, nel Mar Grande,
si possono ammirare le Isole Cheradi, San Pietro e San Paolo.
Questo, dunque, è il primo
impatto con Taranto, un colpo
d’occhio che conquista. Al di là dell’isola, collegata alla terraferma
attraverso il ponte girevole, è cresciuto
il Borgo, quella parte del centro
abitato sviluppatasi in epoca abbastanza recente. Anche qui non mancano le
sorprese: la Chiesa intitolata a San
Francesco di Paola. Che presenta una particolarità della quale vale la pena
parlare. Entriamo. Nella cappella in fondo alla navata di destra, a lato
dell’altare maggiore, fanno mostra di sé alcune opere di buona fattura
napoletana, vale a dire una statua della Vergine
(per la precisione, Maria Santissima di Piedigrotta) con Bambino, un busto di San
Gennaro, come noto patrono di
Napoli, e un quadro raffigurante San
Catello, patrono di Castellammare di Stabia. Siamo in presenza, dunque, di
tracce di napoletanità nel bel mezzo
della città di Taranto. La storia ce
ne spiega il motivo e ci illumina su alcuni rivolgimenti di natura demografica
che caratterizzarono la città jonica.
Da sempre città legata
indissolubilmente al suo mare, Taranto necessitava
di un arsenale, così almeno nei
progetti e nelle aspettative della nuova classe dirigente post-unitaria. Ed arsenale
fu, inaugurato in pompa magna il 21
agosto 1889 da Umberto I, accompagnato dal principe Vittorio Emanuele e dal
ministro Francesco Crispi. Ora, la creazione del nuovo stabilimento marittimo,
l’arsenale, appunto, assieme ad altri fattori sociali ed economici, determinò a
Taranto, come del resto in altre
città italiane, quel fenomeno che va sotto il nome di inurbanizzazione, con
conseguente richiesta di manodopera, anche qualificata, nonché di tecnici. Di
qui il trasferimento nel capoluogo jonico di Napoletani, che poi si inserirono
perfettamente nella realtà locale. Lo fecero, anche, attraverso la creazione di
una Confraternita (quella delle
Confraternite è una presenza ancora viva in Città) intitolata a Maria Santissima di Piedigrotta e ai Santi
Gennaro e Catello. L’Arcivescovo ne approvò l’istituzione e lo statuto,
erigendola, appunto, nella cappella della Chiesa
di San Francesco di Paola. Perdutasi, col tempo, quella connotazione
napoletana della Confraternita, che comunque è stata sempre aperta alla iscrizione dei Tarantini, rimangono le vestigia
che abbelliscono quel tempio e, con esso, una città che ha tanto da offrire.
Giacinto Zappacosta
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