La prima volta che
arrivai a Cremona, in auto, fui costretto a fermarmi, in viale Milano, andando
ad ingrossare una discreta fila che si era creata davanti a me. Il tempo di
guardare attraverso il parabrezza, di chiedermi il perché di
quell’auto-colonna, quando si avvicina un vigile che mi dice: “spenga il
motore”. Obbedisco immantinente e osservo. Dopo qualche secondo, vedo passare,
lontano un centinaio di metri, un treno. Ripartiamo tutti: all’altezza del
passaggio a livello noto un cartello che in effetti obbliga a spegnere il
motore in caso di sosta. Presa dimestichezza con la città in riva al Po, ho
notato, col tempo, che i cittadini, devo dire giustamente, non tollerano che si
lasci il motore dell’auto acceso, per nessun motivo. Io, per la verità, ho
sempre rispettato questa regola, che è innanzi tutto di buone maniere, e a
Cremona, in tal senso, ma non solo per questo, mi sono trovato benissimo. Non
posso dire la stessa cosa di Vasto, e me ne dispiaccio. In questa città, spesso
si vedono amici parlottare amabilmente tra di loro, le rispettive auto lasciate
accese sui due lati della strada. Oppure, in questo periodo, il motore lasciato
acceso per garantire il funzionamento del climatizzatore. È capitato a me, che
vivo al pian terreno: un’auto accesa per un quarto d’ora, vicino alla mia
finestra, aperta, perché il conducente, prima di salirvi, voleva trovare un
ambiente confortevole. Colpa della Polizia Municipale che non controlla e non
reprime? Può darsi. È sicuro, invece, che si tratti di educazione.
Giacinto
Zappacosta
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