E’ successo
ancora. Nella città pakistana di Lahore, con due attentati suicidi in una
chiesa cattolica ed una protestante, sono stati trucidati 15 cristiani, settantotto
sono i feriti, di cui una trentina in gravi condizioni. La rivendicazione non
si è fatta attendere: è stata firmata dal
gruppo talebano pachistano Jamaat-ul-Ahrar. Questa volta, però, la
reazione di papa Francesco è stata dura: accanto al dolore per le vittime innocenti,
ha denunciato ad alta voce: “…il
mondo cerca di nascondere questa persecuzione contro i cristiani”. Cosa
c’è dietro la denuncia del Papa?
Il numero dei
cristiani perseguitati nel mondo oscilla tra 100 e 150 milioni. Questa cifra,
in continuo aumento, fa del cristianesimo, oggi, la religione più perseguitata del pianeta (cfr, “Il libro nero della condizione dei cristiani
nel mondo”, Mondadori, 2014). Eppure sugli innumerevoli casi di eccidi,
attentati, rapimenti di religiosi o di fedeli cristiani, stranamente si stende
velocemente una larga coltre di silenzio: vengono sì riferiti i fatti, ma
spesso senza sottolineare la sistematica persecuzione dei cristiani a causa
della loro fede. Significativo il
racconto di mons. Dominique Rèzeau: “ Giunto
a Tripoli , dopo il recente omicidio di cristiani egiziani, gli unici a farsi
vedere sono stati gli ambasciatori di
Svizzera e Austria. Il rappresentante delle Nazioni Unite ha scritto un vago
comunicato di condanna della violenza,
senza tuttavia menzionare che l’atto era stata commesso contro i cristiani, e
in quanto tali” (ib. “Il libro nero…”).
E allora perché
questo silenzio e queste omissioni su fatti accertati e diffusi? Eppure spesso si tratta di delitti efferati contro donne e
bambini, vere e proprio torture, come la pratica di cancellare con l’acido il
segno di croce che quei cristiani si stampano sul dorso della mano…Persecuzioni
consumate in larga parte del mondo. Quando gli occidentali sentono parlare di
persecuzioni contro i cristiani pensano magari al solo conflitto culturale con
l’Islam radicale. Ma quel radicalismo è solo uno degli artefici a livello
mondiale dell’odio anticristiano: l’eventuale scomparsa del fondamentalismo
islamico non salverebbe i cristiani vietnamiti perseguitati dallo Stato, né gioverebbe
ai cristiani di alcune zone dell’America latina presi di mira dai
narcotrafficanti. Insomma se è vero che ci sono più episodi di persecuzione
riconducibili all’islamismo radicale, non vanno dimenticate le persecuzioni perpetrate da altri soggetti
religiosi e non, si pensi per esempio alla “chiesa del silenzio” cinese.
Molti autori
cristiani hanno sottolineato il carattere “politico” di questa spesso
incomprensibile indifferenza. Insomma non sarebbe il caso di “urtare la suscettibilità della Cina”
e dei tanti partner commerciali con l’Occidente o rischiare una violenta
ritorsione di gruppi di talebani capaci di colpire ovunque. Più semplicemente
alcuni cristiani sono riluttanti a palare apertamente delle difficoltà che
incontrano i cristiani nelle società islamiche per timore, addirittura, di
innescare uno “scontro di civiltà”. Eppure non c’è neppure bisogno di essere cristiani per
considerare la persecuzione anticristiana un tema urgente nell’ambito dei
diritti umani. Negli anni sessanta e settanta non c’era bisogno di essere ebreo
per interessarsi alla sorte degli ebrei dissidenti in URSS; né bisognava essere
neri per provare indignazione verso l’apartheid in Sudafrica e si possono fare
tanti esempi analoghi. Ciò che si chiede, almeno, è una mobilitazione
dell’opinione pubblica, un dibattito ampio e senza veli su quanto sta
accadendo, un interessamento dei grandi organismi internazionali per i diritti
umani perché cessi questa indifferenza, questa acquiescenza passiva alla
condizione di dolorosa emarginazione dei cristiani in tanti Paesi del mondo.
E’ vero, come diceva Tertulliano, che “Sanguis
Mathirum Semen Christianorum”, ma almeno che non si “semini” a causa della
nostra indifferenza.
NICOLANGELO D’ADAMO
Nessun commento:
Posta un commento