La
cronaca locale ha già riferito in merito alla presentazione della bella ed
interessante ricerca del professor Enrico Galavotti dal titolo “Il
Pane e la Pace” che analizza in dettaglio il travagliato episcopato
abruzzese di mons. Capovilla. E si dà merito all’UCID (Unione Cristiana
Imprenditori e Dirigenti) di aver voluto questo appuntamento, insieme alla
Confraternita della S. Spina e del Gonfalone, per offrire un contributo di
conoscenza di un particolare periodo storico dell’ Arcidiocesi di Chieti-Vasto.
Ad ascoltare l’autore della ricerca si è riunito un folto gruppo di cittadini,
venerdì 4 dicembre u.s., presso la sala conferenze della Società di Mutuo
Soccorso.
L’autore
si è servito soprattutto dei bollettini diocesani e delle lettere pastorali del
Vescovo per ricostruire i quattro anni (1967/1971) di presenza in Abruzzo di
Mons. Capovilla e per indagare, in particolare, il complesso ordito dialettico
potconciliare che coinvolse la sua stessa persona, non più al riparo di
Giovanni XXIII che, finché in vita, catalizzava le critiche, a volte scomposte,
della stampa di destra (“Il Borghese”, in particolare), di settori della
Democrazia Cristiana e, naturalmente, di una parte consistente della Curia
romana e dell’episcopato che gli rimproveravano le “aperture” del Concilio e
addirittura il calo elettorale della Dc nel 1963 per aver ricevuto in udienza
Nikita Kruscev, per l’enciclica “Pacem in Terris” (pag. 74) e,
quindi, di aver “sdoganato” il Partito
Comunista.
Le
grandi novità pastorali e liturgiche del Concilio e la
profonda trasformazione della Chiesa che si auspicava con la sollecitazione a
cogliere “il segno dei tempi”, non bastavano a rasserenare gli animi, a creare
un clima di ascolto e comprensione del nuovo: si inseguivano sui giornali
pettegolezzi e gratuite accuse senza fondamento che Capovilla trascurò, finchè
gli fu possibile, poi, dopo la campagna elettorale del 1968, rispose a dovere
sul bollettino diocesano: “…Con amarezza
e franchezza, dobbiamo denunciare l’inammissibile costume o tentativo di voler
tirare il vescovo nelle contese di parte ed attribuirgli dichiarazioni o
rampogne mai immaginate, né proferite” (pag.72).
L’autore
ricostruisce il clima progressivamente ostile che Capovilla trovò in Diocesi
(al punto che chiese al Papa Paolo VI, dopo solo un anno di
presenza a Chieti, di essere trasferito)
perché veniva identificato come uno dei maggiori responsabili del Concilio e
delle sue presunte “devianze”, né Capovilla, del resto, provò a sfumare gli argomenti più spinosi e
delicati sollevati dalle Costituzioni Conciliari per blandire gli animi più
accesi.
A
distanza di anni, l’oggi cardinale Loris Capovilla, così ricorda, con qualche
amarezza, l’avvio del suo episcopato teatino. “…Non ricevetti alcuna istruzione. Non sapevo nulla della questione
religiosa, politica, economica, del clero: nulla, nulla…mi accennarono solo che
c’era una situazione economica difficile . Insomma mi buttarono in acqua e mi dissero di nuotare”.
Resta, però, un cono d’ombra, nell’impianto
della ricerca, sulla situazione politica vastese che, se era possibile,
presentava aspetti più complessi di quella nazionale per la profonda frattura
che si era registrata in quegli anni nella Democrazia Cristiana locale, al
punto da spingere una parte consistente del partito a presentare alle elezioni
amministrative una lista civica guidata dal sindaco uscente Silvio Ciccarone,
uno stimato esponente del notabilato
politico locale. La chiesa vastese non restò neutrale, né lo poteva, e quelle
vicende appesantirono ancora di più il clima di sfiducia nei confronti del
Vescovo che, si disse, si era fatto sfuggire di mano la situazione.
Questo
capitolo di storia locale, con i riflessi che ebbe sull’esperienza episcopale
di Capovilla nella nostra arcidiocesi, andrebbe studiato meglio e soprattutto
con il dovuto distacco storico visti i quasi cinquanta anni trascorsi.
Ad
arricchire la serata hanno contribuito don Decio D’Angelo, apprezzato Vicario
di Capovilla all’epoca (inedita la sua rivelazione che già ai primi di
settembre del 1971 si sapeva del trasferimento di Capovilla, che poi avverrà il
29 di quel mese) e Il dott. De Nardis, da sempre molto vicino a Capovilla, che
ha
illustrato l'opera di diffusione dei risultati del Concilio Vaticano II fatta
dal segretario di papa Giovanni XXIII, anche con la fascicolazione e
pubblicazione dei suoi scritti.
NICOLANGELO D’ADAMO
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