lunedì 7 dicembre 2015

LORIS CAPOVILLA ED IL QUADRIENNIO TEATINO


La cronaca locale ha già riferito in merito alla presentazione della bella ed interessante ricerca del professor Enrico Galavotti dal titolo “Il Pane e la Pace” che analizza in dettaglio il travagliato episcopato abruzzese di mons. Capovilla. E si dà merito all’UCID (Unione Cristiana Imprenditori e Dirigenti) di aver voluto questo appuntamento, insieme alla Confraternita della S. Spina e del Gonfalone, per offrire un contributo di conoscenza di un particolare periodo storico dell’ Arcidiocesi di Chieti-Vasto. Ad ascoltare l’autore della ricerca si è riunito un folto gruppo di cittadini, venerdì 4 dicembre u.s., presso la sala conferenze della Società di Mutuo Soccorso.
L’autore si è servito soprattutto dei bollettini diocesani e delle lettere pastorali del Vescovo per ricostruire i quattro anni (1967/1971) di presenza in Abruzzo di Mons. Capovilla e per indagare, in particolare, il complesso ordito dialettico potconciliare che coinvolse la sua stessa persona, non più al riparo di Giovanni XXIII che, finché in vita, catalizzava le critiche, a volte scomposte, della stampa di destra (“Il Borghese”, in particolare), di settori della Democrazia Cristiana e, naturalmente, di una parte consistente della Curia romana e dell’episcopato che gli rimproveravano le “aperture” del Concilio e addirittura il calo elettorale della Dc nel 1963 per aver ricevuto in udienza Nikita Kruscev, per l’enciclica “Pacem in Terris” (pag. 74) e, quindi, di aver  “sdoganato” il Partito Comunista.
Le grandi novità pastorali e liturgiche del Concilio e la profonda trasformazione della Chiesa che si auspicava con la sollecitazione a cogliere “il segno dei tempi”, non bastavano a rasserenare gli animi, a creare un clima di ascolto e comprensione del nuovo: si inseguivano sui giornali pettegolezzi e gratuite accuse senza fondamento che Capovilla trascurò, finchè gli fu possibile, poi, dopo la campagna elettorale del 1968, rispose a dovere sul bollettino diocesano: “…Con amarezza e franchezza, dobbiamo denunciare l’inammissibile costume o tentativo di voler tirare il vescovo nelle contese di parte ed attribuirgli dichiarazioni o rampogne mai immaginate, né proferite” (pag.72).
L’autore ricostruisce il clima progressivamente ostile che Capovilla trovò in Diocesi (al punto che chiese al Papa Paolo VI, dopo solo un anno di presenza a Chieti,  di essere trasferito) perché veniva identificato come uno dei maggiori responsabili del Concilio e delle sue presunte “devianze”, né Capovilla, del resto,  provò a sfumare gli argomenti più spinosi e delicati sollevati dalle Costituzioni Conciliari per blandire gli animi più accesi.
A distanza di anni, l’oggi cardinale Loris Capovilla, così ricorda, con qualche amarezza, l’avvio del suo episcopato teatino. “…Non ricevetti alcuna istruzione. Non sapevo nulla della questione religiosa, politica, economica, del clero: nulla, nulla…mi accennarono solo che c’era una situazione economica difficile . Insomma mi buttarono in acqua  e mi dissero di nuotare”.
 Resta, però, un cono d’ombra, nell’impianto della ricerca, sulla situazione politica vastese che, se era possibile, presentava aspetti più complessi di quella nazionale per la profonda frattura che si era registrata in quegli anni nella Democrazia Cristiana locale, al punto da spingere una parte consistente del partito a presentare alle elezioni amministrative una lista civica guidata dal sindaco uscente Silvio Ciccarone, uno  stimato esponente del notabilato politico locale. La chiesa vastese non restò neutrale, né lo poteva, e quelle vicende appesantirono ancora di più il clima di sfiducia nei confronti del Vescovo che, si disse, si era fatto sfuggire di mano la situazione.
Questo capitolo di storia locale, con i riflessi che ebbe sull’esperienza episcopale di Capovilla nella nostra arcidiocesi, andrebbe studiato meglio e soprattutto con il dovuto distacco storico visti i quasi cinquanta anni trascorsi.
Ad arricchire la serata hanno contribuito don Decio D’Angelo, apprezzato Vicario di Capovilla all’epoca (inedita la sua rivelazione che già ai primi di settembre del 1971 si sapeva del trasferimento di Capovilla, che poi avverrà il 29 di quel mese) e Il dott. De Nardis, da sempre molto vicino a Capovilla, che ha illustrato l'opera di diffusione dei risultati del Concilio Vaticano II fatta dal segretario di papa Giovanni XXIII, anche con la fascicolazione e pubblicazione dei suoi scritti.

NICOLANGELO D’ADAMO            

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