La sineddoche
Strettamente
imparentata con la metonimia, che abbiamo analizzato la volta scorsa, è la sineddoche.
Anche in questo caso, l‘etimologia del nome, che i Latini rendevano col termine
‘intellectio’, rimanda al greco antico. Il primo impatto con questa figura
retorica era immancabile in prima media, quando il docente, leggendo l’Iliade,
si soffermava su quella espressione di Omero, così ricca di fascino, ‘le veloci
prore’, che sta ad indicare le navi dei Greci minacciosamente posizionate
dinanzi a Troia. La sineddoche, dunque, indica, come in questo caso, il tutto,
la nave appunto, con la parte, cioè la prua. Lo stesso vale quando con ‘tetto’
vogliamo indicare ‘casa’, e così via. Attenzione: se per indicare una nave, o
una barca, dico ‘legno’, siamo nell’ambito della metonimia, come già spiegato
in precedenza. La sineddoche ricorre anche quando si fa riferimento al rapporto
genere-specie, ad esempio dicendo ‘il felino’ per indicare il gatto, o ancora
quando si allude alla relazione singolare-plurale, come nell’espressione
‘l’italiano è mal visto in Germania’. È evidente come qui si faccia riferimento
non al singolo italiano, ma ad una intera comunità. E gli esempi si possono
moltiplicare. La prossima volta analizzeremo la figura retorica del climax.
Giacinto
Zappacosta
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