Il
climax
L’esempio,
indimenticabile per la mia generazione, è nelle affascinanti notti dal profumo
messicano, quando l’Italia si batté con valore ai campionati del mondo di
calcio. Il bianco e nero del televisore, eravamo nel 1970, esaltava le gesta
dei nostri atleti, campioni d’Europa in carica e in procinto di conquistare uno
splendido secondo posto dietro al Brasile di Pelè, il più grande calciatore di
tutti i tempi. La voce di Nando Martellini, nelle sue telecronache sempre puntuali
e precise, giungeva forte e chiara: ‘Riva…Riva…Riva…il tiro…Riva! Tre a due per
l’Italia!’. La semifinale contro la Germania, per la precisione, all’epoca,
Repubblica Federale Tedesca, quel 17 giugno, fu memorabile. Più del marmo
commemorativo nello stadio Azteca di Città del Messico, vale la nostra memoria
collettiva. L’ampia premessa vuole ora focalizzarsi sul crescendo di toni
utilizzato da Martellini per descrivere la fruttuosa azione di Rombo di Tuono,
il Gigi nazionale. Si tratta, in retorica, di un climax. Il nome, come sempre,
rimanda al greco (in italiano è preferibile l’uso al maschile) e significa
‘scala’, quindi una gradazione di parole, di immagini sempre più forti, via via
più coinvolgenti. Normalmente il climax è ascendente, ma sussiste anche la
forma discendente, quando i toni del discorso, viceversa, si fanno man mano più
pacati. Altro esempio di questa figura, in questo caso nell’accezione
ascendente, è in Dante: ‘quivi sospiri, pianti ed alti guai’. La prossima sarà
la volta del chiasmo.
Giacinto Zappacosta
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