sabato 24 settembre 2016

LEZIONI DI RETORICA / 3


Il climax

L’esempio, indimenticabile per la mia generazione, è nelle affascinanti notti dal profumo messicano, quando l’Italia si batté con valore ai campionati del mondo di calcio. Il bianco e nero del televisore, eravamo nel 1970, esaltava le gesta dei nostri atleti, campioni d’Europa in carica e in procinto di conquistare uno splendido secondo posto dietro al Brasile di Pelè, il più grande calciatore di tutti i tempi. La voce di Nando Martellini, nelle sue telecronache sempre puntuali e precise, giungeva forte e chiara: ‘Riva…Riva…Riva…il tiro…Riva! Tre a due per l’Italia!’. La semifinale contro la Germania, per la precisione, all’epoca, Repubblica Federale Tedesca, quel 17 giugno, fu memorabile. Più del marmo commemorativo nello stadio Azteca di Città del Messico, vale la nostra memoria collettiva. L’ampia premessa vuole ora focalizzarsi sul crescendo di toni utilizzato da Martellini per descrivere la fruttuosa azione di Rombo di Tuono, il Gigi nazionale. Si tratta, in retorica, di un climax. Il nome, come sempre, rimanda al greco (in italiano è preferibile l’uso al maschile) e significa ‘scala’, quindi una gradazione di parole, di immagini sempre più forti, via via più coinvolgenti. Normalmente il climax è ascendente, ma sussiste anche la forma discendente, quando i toni del discorso, viceversa, si fanno man mano più pacati. Altro esempio di questa figura, in questo caso nell’accezione ascendente, è in Dante: ‘quivi sospiri, pianti ed alti guai’. La prossima sarà la volta del chiasmo.

Giacinto Zappacosta

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