giovedì 22 settembre 2016

LEZIONI DI RETORICA


Considerazioni introduttive. La metonimia

Il linguaggio è la forma d’arte più alta. Suoni emessi con la voce o segni vergati su un foglio, se opportunamente utilizzati, rimandano ad una pluralità di significati, di sfumature, di timbri. In particolare, la nostra lingua, la lingua italiana, che andrebbe apprezzata e studiata, è in grado di rendere e sostenere contenuti filosofici, impegnativi, analisi scientifiche e tecniche, ma anche immagini poetiche di alto profilo. In quest’ultimo caso, la mente corre a Dante, il primo, non solo in ordine cronologico, e a tutti quei nomi che arricchiscono la nostra letteratura. Un idioma che, secondo me, è il più bello del mondo, mentre tra le lingue morte (che brutta espressione) rivaleggiano il greco e il latino. Non tutte le lingue, per la verità, facciamoci caso, si prestano, ad esempio, ad esporre le teorie platoniche o a descrivere immagini liriche. La lingua italiana può tutto questo. Arricchiscono il nostro parlare le cosiddette figure retoriche, un abbellimento ulteriore, ‘arte aliqua novata forma dicendi’ secondo la definizione di Quintiliano, riferimenti linguistici che danno forza, bellezza, profondità, vivacità al nostro dire. Le usiamo tutti, senza accorgercene. ‘Tizio ha bevuto due bicchieri, ho letto Manzoni, la gamba del tavolo, accarezzo l’idea’ sono frasi rese con figure retoriche. Per un approfondimento di questi argomenti, ognuno può ovviamente attingere ad una vastità considerevole di opere. Per parte mia, consiglierei ‘Caramello-Sarasso, Introduzione allo studio delle lettere, ed. Paravia 1957’ e ‘John Lyons, Introduzione alla linguistica teorica, Laterza 1981’. Quest’ultimo libro è un po’ ostico, ma molto affascinante. Cominciamo dalla metonimia.
L’origine greca del nome, sta a significare ‘scambio, trasferimento del nome’. Questa figura, molto usata, consiste nel ricorrere all’astratto in luogo del concreto (sottrarsi alla sorveglianza), al contenente per il contenuto (bevo un bicchiere), alla materia per l’oggetto (sfoderare il ferro), all’autore per l’opera (conosce Dante a memoria), alla causa per l’effetto (è una brillante penna, è una buona forchetta), al concreto per l’astratto (seguire il proprio cuore). E così via. La metonimia, dunque, nel linguaggio di tutti i giorni, è la figura cui facciamo ricorso più spesso.     

Giacinto Zappacosta

riproduzione vietata   

                                                                                                                                                              

Nessun commento:

Posta un commento