Considerazioni introduttive. La metonimia
Il linguaggio è la
forma d’arte più alta. Suoni emessi con la voce o segni vergati su un foglio,
se opportunamente utilizzati, rimandano ad una pluralità di significati, di
sfumature, di timbri. In particolare, la nostra lingua, la lingua italiana, che
andrebbe apprezzata e studiata, è in grado di rendere e sostenere contenuti
filosofici, impegnativi, analisi scientifiche e tecniche, ma anche immagini
poetiche di alto profilo. In quest’ultimo caso, la mente corre a Dante, il
primo, non solo in ordine cronologico, e a tutti quei nomi che arricchiscono la
nostra letteratura. Un idioma che, secondo me, è il più bello del mondo, mentre
tra le lingue morte (che brutta espressione) rivaleggiano il greco e il latino.
Non tutte le lingue, per la verità, facciamoci caso, si prestano, ad esempio,
ad esporre le teorie platoniche o a descrivere immagini liriche. La lingua
italiana può tutto questo. Arricchiscono il nostro parlare le cosiddette figure
retoriche, un abbellimento ulteriore, ‘arte aliqua novata forma dicendi’
secondo la definizione di Quintiliano, riferimenti linguistici che danno forza,
bellezza, profondità, vivacità al nostro dire. Le usiamo tutti, senza
accorgercene. ‘Tizio ha bevuto due bicchieri, ho letto Manzoni, la gamba del
tavolo, accarezzo l’idea’ sono frasi rese con figure retoriche. Per un
approfondimento di questi argomenti, ognuno può ovviamente attingere ad una
vastità considerevole di opere. Per parte mia, consiglierei ‘Caramello-Sarasso,
Introduzione allo studio delle lettere, ed. Paravia 1957’ e ‘John Lyons,
Introduzione alla linguistica teorica, Laterza 1981’. Quest’ultimo libro è un
po’ ostico, ma molto affascinante. Cominciamo dalla metonimia.
L’origine greca del
nome, sta a significare ‘scambio, trasferimento del nome’. Questa figura, molto
usata, consiste nel ricorrere all’astratto in luogo del concreto (sottrarsi
alla sorveglianza), al contenente per il contenuto (bevo un bicchiere), alla
materia per l’oggetto (sfoderare il ferro), all’autore per l’opera (conosce
Dante a memoria), alla causa per l’effetto (è una brillante penna, è una buona
forchetta), al concreto per l’astratto (seguire il proprio cuore). E così via.
La metonimia, dunque, nel linguaggio di tutti i giorni, è la figura cui
facciamo ricorso più spesso.
Giacinto Zappacosta
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