La metafora e la catacresi
Partiamo da qualche
esempio. Se io dico ‘il mare ondeggia’ è un conto, ma se trasferisco quel
movimento delle onde alle bionde spighe, in un discorrere che potrebbe suonare
‘l’ondeggiare del grano’, allora siamo in presenza della metafora, un’altra
figura retorica che, assieme alle altre, rende godibile e bella la nostra
lingua. Metafora significa, come nell’origine greca del termine,
‘trasferimento’ e consiste in un processo analogico, in base al quale un vocabolo, o una perifrasi, è usato per
rendere un concetto diverso da quello che normalmente esprime. Altri esempi:
‘il ruggito del motore, una grandinata di pugni, il mugghiante mare’. Si tratta
di immagini che riferiscono, ad esempio ai pugni accostati ad un fenomeno
atmosferico, caratteristiche ed azioni che in realtà non sono proprie di un
determinato vocabolo. Molto simile alla metafora, al punto che le due figure
possono confondersi, è la catacresi (il greco ci dice che siamo in presenza di
un ‘abuso’), vale a dire la spendita impropria di un vocabolo. È così quando
chiamiamo ‘collo’ una parte della bottiglia, ‘braccio’ il sostegno della
lampada, ‘gamba’ la base del tavolo, e così di seguito. La prossima volta, se
vorrete, analizzeremo l’ossimoro.
Giacinto Zappacosta
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