L’ossimoro
‘Le convergenze
parallele’. La definizione, coniata da Aldo Moro, plastico simbolo del degrado
della politica, a ben vedere è un ossimoro, non proprio elegante, ma pur sempre
un ossimoro. Vediamo qualche altro esempio, un po’ più calzante: ‘lucida
follia, insensato senso, pace armata, calma densa di minacce’. L’ossimoro,
parola che, derivando dal greco (poteva essere altrimenti?) significa ‘acuto
folle’. Nell’accostamento dei due aggettivi qualificativi, inconciliabili, o
apparentemente inconciliabili, è l’essenza di questa figura retorica, che
consiste in una unione sintattica di due temi contraddittori in modo che si
riferisca a una sola entità. Si tratta dunque di un’antitesi, resa dai Latini
con i termini ‘contrapositum’ e ‘contentio’. Si tratta di idee, di significanti
inconciliabili tenuti insieme a produrre un’immagine inaspettata, talora con
effetti comici, o ironici, in ogni caso con esiti di sicura riuscita.
Ovviamente, non è da tutti, ma solo per coloro che sanno usare la penna, oltre
che la testa. La prossima sarà la volta della diafora, una figura retorica
molto interessante.
Giacinto Zappacosta
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