Come direbbero quelli che sanno
parlare bene (io sono tra questi), il conflitto di interessi è in re ipsa. Nel fatto
stesso, cioè, di un progetto sottoscritto dalla madre e portato all’approvazione
del figlio. È lo stesso Menna, sindaco ed assessore all’urbanistica, a spiegare
che, essendo “la famiglia estesa”, si troverà nuovamente nella condizione di doversi
allontanare al momento del voto. È normale tutto questo? Che senso ha? Caro Menna,
se la moralità (politica) ha una sua valenza, dovevi semplicemente non
candidarti a sindaco. Punto e basta.
Ciò che irrita è quel velo di
ipocrisia, frammista ad una arroganza che non ti aspetteresti dal bravo ragazzo,
per cui la cittadinanza si dovrebbe assuefare all’idea di un pubblico
amministratore, di un primo cittadino, che, entrato in una spirale senza
uscita, considera cosa ovvia imbattersi, a più riprese, come anticipatoci dal
diretto interessato, in atti nei quali compare in calce il nome di un congiunto.
Mettiamoci nei panni di un
assessore. Chi si azzarderebbe a votare contro un progetto nel quale è
economicamente e professionalmente cointeressato un parente del sindaco? Il quale
potrà tranquillamente allontanarsi al momento del voto, sicuro comunque di
portare il risultato a casa.
Il punto non è che Menna abbia riservato a sé la delega all’urbanistica, quanto il suo essere inserito (sono
parole sue) in una vasta rete familiare che a sua volta rimanda ad interessi
economici, legittimi, sia chiaro, ma ubicati in un contesto
politico-amministrativo che ha il suo terminale nello stesso Francesco Menna.
Sarà un crescendo, sarà un
continuo rincorrersi di assenze al momento del voto. Così per cinque anni, a
tutto danno della trasparenza amministrativa.
Apriamo gli occhi e cerchiamo di
stare attenti.
g.z.
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