giovedì 3 novembre 2016

I RACCONTI DI CANTERBURY NELL'EPOCA DEL REFERENDUM RENZIANO


Ascoltare in tv le argomentazioni della velina renziana, una delle ragazze che popolano la corte, o il cortile, del presidente del consiglio, una fanciulla più che presentabile da un punto di vista estetico: mi è capitato e ad un certo punto, giuro, ho cambiato canale.
La giovane donna, sostenuta da una arroganza senza limiti (verrebbe da dire che l'alunna supera il maestro), ha raccontato balle o, se vogliamo essere un po' più letterari, storie.
"Storie di banche e di intrallazzi?" chiederanno i lettori. No, storie e basta. Balle, appunto. 
Ha detto che la riforma avrà effetti benefici sulla equiparazione, estesa su tutto il territorio nazionale, per quanto concerne il costo del servizio sanitario. Avete presente il fatto che in Calabria, così dicono le statistiche, una siringa costi di più che in Lombardia? Niente paura, dice la velina, all'indomani del 4 dicembre, grazie al referendum, risolveremo anche questo.
E poi, giù stronzate all'infinito. Ma tante davvero. Sullo sfondo dell'argomentare traspare sempre un concetto fondamentale: cambiare per il vezzo di cambiare, perché poi, alla fine, possiamo dire che abbiamo rinnovato, che abbiamo fatto, che abbiamo introdotto novità, che abbiamo utilizzato il nostro tempo, che diventiamo padre (Renzi) e madre (Boschi) della nuova costituzione. Ridicolo.
La regola, elementare, apodittica, di buon senso è che si cambia per andare a stare meglio, non per stare peggio.

Giacinto Zappacosta

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