sabato 5 novembre 2016

UN CHIARO E LIMPIDO NO ALL'ABORTO


'Non c’è nessuna buona ragione pratica che giustifichi la soppressione di un essere umano, sia pure nei primi stadi della sua evoluzione. Io so che in nessun altro fenomeno dell’esistenza c’è un altrettanto furibonda, totale, essenziale volontà di vita che nel feto. La sua ansia di attuare la propria potenzialità, ripercorrendo fulmineamente la storia del genere umano, ha qualcosa di irresistibile e perciò di assoluto e di gioioso. Anche se poi nasce un imbecille'. Così Pasolini, a proposito del quale ho letto di tutto, cose che non sarebbero piaciute nemmeno al diretto interessato, discorsi vaghi, fatui, scontati, sempre all'interno del politicamente corretto, la nuova ideologia che annebbia quel po' di cervello che ancora persiste (Pier Paolo Pasolini, “Una lettera di Pasolini: opinioni sull’aborto”, Paese sera, 25 gennaio 1975). Nessuno che abbia ricordato la sua fiera opposizione all'interruzione volontaria della gravidanza. Si ha paura di sminuire il valore di un intellettuale, consegnandolo alla critica progressista che individua nell'aborto un diritto civile, uno di quei gagliardetti da salotto borghese, si teme di parlare di una piaga, dell'uccisione di esseri umani indifesi. O forse più semplicemente, chi parla e scrive di Pasolini non lo ha letto. Voglio ripetermi: dal regista e scrittore bolognese mi separano molte cose, ma, evidentemente, non tutto. In particolare, quella limpida, e semplice, constatazione: il feto vuole vivere. La conclusione, apodittica, è che nessuno ha il diritto di sopprimerlo. Il resto sono fandonie prodotte da una società in decadenza.

Giacinto Zappacosta 

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